“Il viadotto Morandi è un’opera progettata e collaudata per sopportare carichi almeno 3-4 volte inferiori a quelli che sosteneva: all’epoca della costruzione, era impensabile uno sviluppo del traffico su gomma come quello che poi si e’ avuto”.
Inoltre “nonostante il Politecnico di Milano avesse consigliato di predisporre sensori per controllare in tempo reale i movimenti della struttura, inviando i dati a una centrale in grado di valutarli, quest’intervento non e’ mai stato fatto“. E’ quanto osserva Antonino Saggio, architetto e urbanista che insegna Progettazione Architettonica e Urbana all’università La Sapienza di Roma.
“E’ vergognoso e inaccettabile – aggiunge – che di fronte a questa tragedia si tenti di infangare la memoria di Morandi, che è stato un progettista di primissimo ordine”, prospettando così l’ipotesi di un errore progettuale. “Quando fu realizzato – osserva Saggio – il viadotto fu considerato un grandissimo successo tecnologico e progettuale. E voglio ricordare che l’uso del cemento armato e del cemento precompresso ed il brevetto Morandi permisero a un paese come l’Italia di costruire utilizzando molto meno acciaio, che aveva prezzi proibitivi. Qualunque struttura e’ soggetta a rottura, dipende dal carico che ci si mette sopra, in questo caso un carico che rimbalza creando continue sollecitazioni dinamiche”.
“Gli stralli – aggiunge Saggio – sono la parte più debole del ponte Morandi, tanto che negli anni ’90 alcuni furono ‘fasciati’ e rinforzati e nel 2017 erano stati appaltati nuovi interventi: se fossero stati fatti, forse non saremmo qui a piangere questa tragedia”. Una tragedia che “probabilmente si deve proprio al distacco di uno strallo a seguito del quale la struttura e’ collassata”.