In merito al ponte crollato lo scorso 14 agosto a Genova, il progettista della struttura, l’ingegner Riccardo Morandi, in uno studio datato 1979, considerava i primi effetti sul viadotto della salsedine e dell’inquinamento, e scriveva: “Penso che prima o poi, e forse gia’ tra pochi anni, sara’ necessario ricorrere a un trattamento per la rimozione di ogni traccia di ruggine sui rinforzi esposti, con iniezioni di resine epossidiche dove necessario, per poi coprire tutto con elastomeri ad altissima resistenza chimica“, riporta oggi “La Verità”.
Nella relazione dal titolo “Il comportamento a lungo termine dei viadotti sottoposti a traffico pesante situati in ambiente aggressivo: il viadotto sul Polcevera, a Genova“, scrive il quotidiano, Morandi lancia un “allarme corrosione“.
“La struttura – proseguiva Morandi – viene aggredita dai venti marini (il mare dista un chilometro) che sono canalizzati nella valle attraversata dal viadotto. Si crea cosi’ un’atmosfera, ad alta salinita’ che per di piu’, sulla sua strada prima di raggiungere la struttura, si mescola con i fumi dei camini dell’acciaieria e si satura di vapori altamente nocivi“. “Le superfici esterne delle strutture ma soprattutto quelle esposte verso il mare e quindi piu’ direttamente attaccate dai fumi acidi dei camini, iniziano a mostrare fenomeni di aggressione di origine chimica“, una “perdita di resistenza superficiale del calcestruzzo“. L’ingegnere conclude insistendo sulla necessità di proteggere “la superficie in calcestruzzo, per accrescerne la resistenza chimica e meccanica all’abrasione“, suggerendo l’utilizzo di resine e di elastomeri sintetici.