“Non è certo colpa della casualità né della topografia della fragile Genova. Io non so cos’è accaduto, posso dire però che non credo al fatalismo che considera incontrollabile l’anarchia della natura, dei fulmini e della pioggia,” dichiara l’architetto genovese Renzo Piano, senatore a vita, in un’intervista a Repubblica, in riferimento al crollo del viadotto Morandi sull’A10. “I ponti non crollano per fatalità. Nessuno dunque venga a dirci che è stata la fatalità”. “All’opposto della fatalità c’è la scienza. L’Italia è un paese di grandi costruttori, progettisti geniali, scienziati e umanisti. E però non applicano quella scienza che viene prima della manutenzione e si chiama diagnostica“. “In medicina nessuno fa niente senza una diagnosi. I ponti, le case e tutte le costruzioni vanno trattati come corpi viventi. In Italia produciamo apparecchiature diagnostiche sofisticatissime e strumentazioni d’avanguardia che esportiamo in tutto il mondo. Ma non li usiamo sulle nostre costruzioni“. “Io spero che il maledetto crollo di questo ponte ci faccia riflettere e ci faccia uscire dall’oscurantismo culturale del ‘secondo me si fa cosi‘”. “Io credo che la manutenzione non sia mai mancata. Quel ponte l’ho sempre visto sotto controllo. Ma Genova è una città fragile, divisa in due, ed è lunga 20 chilometri. Il ponte è stato sollecitato all’inverosimile“. “Per tenere assieme Levante e Ponente forse dovrebbero pensare a un incremento del trasporto sul ferro e sull’acqua. Ma questo è il momento del cordoglio e del lutto“.