In riferimento al crollo del viadotto Morandi a Genova, “un’ipotesi plausibile, visto il filmato della caduta del ponte, è che si sia persa la campata centrale appoggiata da un lato sulla pila 9 e dall’altro sulla pila rimasta in piedi; che abbia perso l’appoggio sulla pila 9 e quindi sia andata giù eccitando dinamicamente la pila. La pila non era progettata per questa condizione estrema e quindi si è rotta“: lo ha dichiarato all’Adnkronos Giuseppe Mancini, già Ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino, in teoria e progetto dei ponti.
La perdita di appoggio può essere stata determinata dalla “vibrazione indotta dalla combinazione di vento e pioggia, che si manifesta quando c’è pioggia intensa e vento anche non troppo elevato. Perché l’acqua che cade forma una specie di torrente che si stacca e va a terra; quando si stacca la massa cambia repentinamente e lo strallo oscilla. Queste oscillazioni possono essere aumentate dal vento. Ciò può aver comportato una variazione di geometria; si muoveva la zona di appoggio delle travi, è uscita dall’appoggio ed è caduta da un lato“.
Se l’ipotesi fosse corretta, si tratterebbe, secondo l’esperto, di un difetto di progettazione “perché a quell’epoca nessuno sapeva cosa fosse il fenomeno, scoperto nel ponte di Rotterdam solo successivamente“. “Su un ponte con stralli in calcestruzzo non era possibile vederlo, se fosse stato con stralli in acciaio sarebbe stato diverso, perché sono molto numerosi ed a breve distanza“.