Prima regola: speleologi non ci si improvvisa. Ma la seconda regola, altrettanto importante, è che la solitudine in grotta è una cattiva compagna. Andare alla scoperta del misterioso e affascinante mondo ipogeo non è come fare una passeggiata in montagna e a meno che non abbiate optato per una visita turistica in una grotta appositamente organizzata, con guide e percorsi in sicurezza, si tratta di un’attività che richiede una grande preparazione tecnica e culturale.
Ci sono insomma delle regole base che è bene sempre tenere presenti. A partire dalla formazione. Se le grotte e la loro esplorazione ci attirano, prima si deve acquisire la preparazione tecnica necessaria: i Gruppi speleologici affiliati al Club Alpino Italiano (CAI) oppure alla Società Speleologica Italiana (SSI) organizzano nelle principali città italiane percorsi formativi con istruttori qualificati per acquisire le basi tecnico-teoriche necessarie e a cui possono partecipare tutti. E in tutta Italia ci sono gruppi e associazioni con cui fare esperienza.
Perché (seconda regola) “la speleologia è un’attività che va praticata in gruppo e bisogna fare la gavetta: non ci si avventura mai da soli ma, soprattutto se si è alle prime armi, sempre con persone esperte e che conoscono la zona”, dice all’Adnkronos Giovanni Rossi del Soccorso Alpino e Speleologico (lui opera in Emilia Romagna).
Anche il gruppo ha le sue regole. E’ buona norma che sia composto da almeno 3-4 persone. Perché? E’ il numero di sicurezza in caso di incidente: in quel caso “un membro del gruppo, suo malgrado, sarà il ferito o la persona in difficoltà; un secondo rimarrà con lui per non lasciarlo mai solo mentre il terzo e il quarto escono dalla grotta per dare l’allarme”, spiega Rossi. In grotta, è bene ricordarlo, il cellulare non funziona.
“Non c’è invece un numero massimo di persone, o meglio: dipende dai casi. Se ci si avventura a 1000 metri di profondità è meglio essere in poche unità, mentre in una grotta facile si può essere anche in 40”. L’importante, soprattutto quando si fa esplorazione, o in ambienti poco conosciuti, è che i componenti del gruppo siano affiatati e competenti.
Terza regola: quando si va in grotta bisogna sempre comunicarlo ad altri speleologi, specificando dove si va e a fare cosa. Questa è un’informazione di sicurezza fondamentale, anche per valutare la gravità di eventuali ritardi e se è il caso di lanciare l’allarme. La speleologia non conosce stagioni ma teme le condizioni meteorologiche.
Quarta regola, quindi: controllare sempre il meteo perché ci sono grotte che in caso di piogge possono essere soggette a piene e quindi è meglio evitare di avventurarsi se il tempo è brutto.
In caso di incidenti in grotta interviene il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) che si allerta chiamando i numeri di riferimento (diversi a seconda delle Regioni, quindi è bene informarsi sempre) o attraverso il 118.
Cosa non può mancare nello zaino di chi scende in grotta? Ci aspetta il buio più assoluto, quindi ogni speleologo deve avere sul proprio casco la luce principale e ricordarsi di portare una luce di scorta; poi, l’attrezzatura tecnica di base che comprende casco, tuta apposita, imbracature e corde; e sempre, un telo termico da utilizzare in caso di soste volontarie o forzate e che può prevenire l’ipotermia che è tra le maggiori insidie. Infine, “quando si entra in grotta bisogna avere la giusta umiltà – è l’ultimo consiglio – quindi: non entrare se le condizioni non lo consentono ed essere consapevoli che ci vuole una buona preparazione, fisica e tecnica”.