Continuano le indagini scientifiche per cercare di risolvere il ‘rebus’ del picco di contagi da legionella registrato a Bresso, comune alle porte di Milano, nella seconda metà di luglio. Un focolaio che ha superato quota 50 casi nell’arco di una quindicina di giorni, con 5 morti. Già dalle prime segnalazioni è partita nella zona una massiccia campagna di campionamenti, che con l’aumentare del numero di pazienti finiti in ospedale si è allargata sempre di più nel tentativo di risalire alla fonte di contagio.
L’ultimo aggiornamento dell’Ats Città metropolitana di Milano al riguardo, reso noto dal Comune di Bresso, risale al 14 agosto e parla di 588 campioni prelevati da 51 abitazioni e 46 siti sensibili. Pochi sono risultati positivi al batterio, in 6 abitazioni e 7 siti sensibili. E ora c’è attesa per quelle che potrebbero essere le informazioni decisive per chiudere il cerchio: gli esiti delle analisi genetiche in corso a Roma all’Istituto superiore di sanità. “I primi risultati dovremmo averli per i primi di settembre”, riferisce all’AdnKronos Salute Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Iss.
Con in mano i campioni di materiale biologico prelevati da alcuni pazienti – quantificati in “poche unità” dal direttore generale dell’Ats, Marco Bosio – e quelli di abitazioni e siti sensibili risultati positivi, i tecnici dell’Istituto stanno procedendo alla tipizzazione genica dei batteri e a incrociare i dati in cerca di coincidenze che possano eventualmente fornire indicazioni utili a ‘stanare’ l’origine dei contagi.
“E’ stata fatta un’indagine epidemiologica per ogni caso – spiegano esperti dell’Iss – Al momento non c’è niente di conclusivo. Ma fra gli ammalati ci sono anche alcune persone che non sono mai uscite di casa nel periodo di incubazione. Questo lascia pensare che sia da approfondire l’ipotesi di una torre di raffreddamento” come possibile fonte. Torre che per le ferie estive “potrebbe essere poi stata spenta, oppure purificata” nei giorni successivi. “Fatto sta che dal 31 luglio non ci sono stati più casi”.
Ed è proprio su torri di raffreddamento e condensatori evaporativi che si erano concentrate in ultimo le indagini a Bresso, come aveva spiegato anche l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, dopo che i primi risultati degli esami colturali dei campioni avevano mostrato una percentuale molto bassa, pari a circa il 13%, di alloggi risultati positivi alla legionella. Un dato che, precisava l’assessore, “tendeva a far escludere” l’ipotesi che il batterio si fosse “annidato nell’acquedotto”.
Così il 28 luglio, con una specifica ordinanza, il Comune si è mosso per la realizzazione di un ‘Catasto’ di torri di raffreddamento/condensatori evaporativi. A questo fine un aereo, con a bordo anche il sindaco Simone Cairo, era decollato sabato 4 agosto per consentire l’effettuazione di riprese e di circa 500 fotografie da cui ottenere una mappatura completa. L’attenzione è alta, anche perché quello di Bresso – confermano dall’Iss – è “ad oggi il più consistente” focolaio di legionella documentato in Italia. In un’area che aveva già visto in passato salire la curva epidemica in maniera anomala (nel 2014, con 6 casi e un morto). Per far capire l’entità del picco Giorgio Ciconali, direttore Igiene e Sanità pubblica dell’Ats milanese, nei giorni dell’emergenza aveva evidenziato che “l’aspettativa per una cittadina delle dimensioni di Bresso è di 1-2 casi all’anno”.
Fra i precedenti italiani viene ricordato spesso quello relativamente recente di Parma, dove nel 2016 si registrarono una quarantina di contagi e 2 morti. “In quel caso però le infezioni segnalate si verificavano a distanza maggiore l’una dall’altra, coprendo un periodo di diversi mesi tra agosto e novembre”, osservano dall’Iss, i cui esperti ricordano a titolo di esempio anche l’epidemia di Cesano Maderno (Monza Brianza) del 2008, e ancora quella di Roma (una quindicina di casi), sempre di parecchi anni fa, o un’altra piccola a Venezia. A Bresso è stata raccolta una quantità imponente di campioni da torri e vari siti e si spera che le analisi facciano luce, anche se c’è la consapevolezza che con la legionella “è molto difficile risalire con certezza alla fonte del contagio”.
E’ successo così a Parma e in altri casi in Italia e all’estero. “Siamo in attesa di riscontri dall’Iss sulla tipizzazione genetica dei ceppi, che contiamo di avere entro i primi dieci giorni di settembre – dice Bosio, parlando dell’attività svolta dall’Ats – Noi tutti i siti valutati li abbiamo conclusi, non abbiamo tralasciato nulla”, dalle analisi ambientali e meteorologiche fino al lavoro di laboratorio, “ora dobbiamo solo tirare le fila. Se si troverà la causa del picco di contagi sarà tutto più semplice. Altrimenti il lavoro per il futuro dovrà essere concentrato su un monitoraggio stretto del territorio, in misura maggiore anche rispetto a quanto previsto dalle linee guida, visto che la situazione è abbastanza unica a livello nazionale. Niente sarà lasciato al caso”.