Sclerosi multipla progressiva: farmaco riduce l’atrofia cerebrale

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Nuove speranze per le persone che soffrono di sclerosi multipla progressiva, la forma più grave della malattia neurologica, caratterizzata da un graduale declino funzionale. Uno studio multicentrico dimostra che l’ibudilast, un farmaco che si somministra per bocca, rispetto a placebo è in grado di ridurre l’atrofia cerebrale causata dalla patologia. In un periodo di osservazione di 2 anni, la perdita di tessuto nel gruppo trattato è stata di 2,5 millimetri in meno in media.

Il lavoro, coordinato da Robert J. Fox della Cleveland Clinic in Ohio (Usa), è sostenuto dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke (Ninds, parte degli Nih americani) e pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’. Per Walter J. Koroshetz, direttore del Ninds, “questi risultati forniscono un barlume di speranza alle persone con una forma di sclerosi multipla che causa disabilità a lungo termine, ma non ha molte opzioni di trattamento”.

Secondo Fox, “i risultati del trial sono molto incoraggianti e puntano a una potenziale nuova terapia per aiutare le persone con sclerosi multipla progressiva”. Durante lo studio, 255 pazienti sono stati suddivisi a caso in due gruppi: per 96 settimane uno assumeva 10 capsule di ibudilast al giorno, l’altro riceveva placebo. Ogni 6 mesi tutti venivano sottoposi a risonanza magnetica cerebrale, immagini alle quali i ricercatori applicavano una serie di analisi utili a identificare le differenze nei cambiamenti subiti dal cervello.

Gli autori hanno così osservato che il farmaco, rispetto al placebo, rallentava il tasso di atrofia cerebrale. Gli effetti collaterali – perlopiù gastrointestinali (nausea, diarrea), mal di testa e depressione – non erano significativamente diversi tra i due gruppi.

Più in particolare, monitorando nel tempo la contrazione cerebrale, Fox e colleghi hanno calcolato una differenza pari a 0,0009 unità di atrofia per anno fra gruppo trattato e gruppo controllo.

“In altre parole – chiariscono i ricercatori – benché entrambi i gruppi l’atrofia ci fosse, il cervello dei pazienti che ricevevano placebo si è ridotto in media di 2,5 millilitri in più nell’arco dei 2 anni rispetto a quello dei pazienti che assumevano ibudilast. L’intero cervello umano adulto ha un volume di 1.350 millilitri”, ricordano gli scienziati, precisando che “non si sa ancora se queste differenze abbiano avuto un effetto sui sintomi o sulla perdita di funzionalità”.

Future ricerche valuteranno se ridurre il restringimento cerebrale influenza le capacità di pensiero, di deambulazione o altri disturbi tipici della sclerosi multipla. Inoltre, cercheranno di capire se ibudilast rallenta la progressione della disabilità nei pazienti. Un altro risultato ottenuto nello studio, riferisce ancora Fox, è che “è aumentata la nostra comprensione delle tecniche avanzate di imaging. In questo modo i prossimi studi potranno richiedere un numero minore di pazienti, seguiti in un periodo di tempo più breve”.

La sperimentazione è stata supportata dal programma NeuroNext, un approccio innovativo agli studi clinici neurologici, che tenta di semplificare i trial di fase II e di migliorarne l’efficienza. L’azienda farmaceutica MediciNova ha donato il principio attivo e il placebo, finanziando il trial per meno del 10% in base a un accordo di collaborazione con il Ninds. La società aveva un rappresentante nel comitato direttivo del protocollo sperimentale, ma non vi era alcun vincolo di riservatezza tra gli autori del paper.

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