Astronomia, battaglie planetarie: così la Terra ha rubato l’acqua agli altri mondi

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Circa quattro miliardi e mezzo di anni fa, il nostro Sistema solare era un luogo affollato e caotico, teatro di continui scontri tra decine e decine di protopianeti di dimensioni che oscillavano tra quella di Marte a quella della Luna. Ora un nuovo studio presentato all’European Planetary Science Congress di Berlino afferma che queste battaglie spaziali hanno avuto un ruolo determinante nell’antico processo di acquisizione di acqua da parte dei pianeti terrestri, primo tra tutti il nostro. In altri termini, la Terra – riporta Global Science – avrebbe saccheggiato il prezioso liquido scontrandosi con gli altri protopianeti – scontri in cui evidentemente ha avuto la meglio.

Il nuovo studio, coordinato da Christoph Burger dell’Università di Vienna, ha sviluppato delle simulazioni degli stadi finali della formazione dei pianeti terrestri. I risultati mostrano che i corpi celesti nati e cresciuti nel luogo corrispondente all’attuale orbita di Marte non contenevano acqua, dal momento che le temperature erano troppo calde per la condensazione di materiali volatili. Secondo gli scienziati, l’unico modo per l’acqua di ‘trovare la sua strada’ nel burrascoso processo di formazione planetaria era essere trasportata da zone più esterne, tramite appunto una serie di collisioni. Burger e colleghi hanno simulato diversi possibili scenari a seguito dei vari impatti, ricostruendo gli urti planetari a seguito della velocità, dell’angolazione o della massa dei corpi celesti coinvolti.

Abbiamo scoperto che le collisioni più comuni sono quelle frontali – spiega Burger – dove l’impatto è in un punto diverso dal centro e i due oggetti hanno abbastanza velocità da separarsi nuovamente dopo lo scontro. In questo scenario, circa il 10% dell’acqua può essere trasferita da un corpo celeste all’altro, tipicamente dal più piccolo al più grande.” Ecco dunque spiegata la ‘rapina’ acquatica della Terra: il nostro pianeta avrebbe assorbito l’acqua durante gli scontri con protopianeti più piccoli, e non solo dalle comete, come si pensava in precedenza. Il nuovo studio potrebbe dunque aiutare a ricostruire sempre meglio l’evoluzione della Terra, comprendendo come il nostro sia diventato un mondo adatto a ospitare la vita.

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