Caccia, Wwf: “Domenica parte ufficialmente la guerra contro la fauna d’Italia”

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Domenica 16 settembre comincia la guerra contro la fauna d’Italia: dopo le preaperture a inizio settembre che quest’anno hanno interessato ben 14 regioni, partirà in tutta Italia la stagione venatoria 2018/19.

L’impatto venatorio non solo è una causa diretta di mortalità e declino di molte specie, ma, aggiungendosi ad altre come cementificazione, perdita di habitat, cambiamenti climatici, incendi, mette a rischio la salvaguardia di specie minacciate e a rischio estinzione. Il controllo e la diminuzione degli impatti negativi dell’attività venatoria sono uno degli strumenti anche per rendere operativa la “Strategia nazionale per tutela della biodiversità”, approvata nel 2011 dal governo, ma  ancora oggi poco o per nulla applicata.

Il paradosso italiano. La legge 157/1992 non è solamente la legge sull’attività venatoria, ma è, ancora oggi, l’unica legge italiana per la tutela della fauna selvatica, qualificata “patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”. La percentuale di territorio disponibile per l’attività venatoria è molto estesa, intorno al 75-80% di tutto il territorio nazionale: questo grazie all’art. 842 del Codice Civile, che consente al cacciatore di entrare liberamente e di sparare nei terreni altrui, anche senza il consenso del proprietario, cosa che è invece proibita a chiunque non sia debitamente armato.

Con la “stagione delle doppiette” che in Italia inizia presto e si estende ben oltre i calendari definiti dall’Unione Europea, si va ad intaccare un prezioso capitale di biodiversità che appartiene a tutti: un quadro desolante se si considera che, purtroppo, troppi amministratori regionali continuano a privilegiare le esigenze “ludiche” dei cacciatori rispetto alla tutela di un bene comune che appartiene a tutti e che è tutelato dalle leggi italiane ed internazionali.

Per questa ragione il WWF con i propri avvocati si è impegnato, insieme alle più importanti associazioni, ad impugnare i calendari venatori di Abruzzo, Liguria, Marche (ben 2 ricorsi), Toscana, Trentino, Sardegna, Sicilia e Umbria: ad oggi sono già tre i ricorsi accolti dai giudici amministrativi  in Sardegna, Umbria e Abruzzo.

Non è esagerato stimare che nel periodo di apertura della caccia saranno uccisi milioni di animali selvatici. Calcolando infatti il numero delle specie cacciabili in Italia (48, di cui ben 19 specie di uccelli considerati dall’Unione Europea “in cattivo stato di conservazione”), il numero di licenze di caccia (circa 570mila) ed il numero di animali abbattibili da ogni cacciatore (i carnieri giornalieri e stagionali), si stima che ogni stagione di caccia (da settembre a gennaio) possono venire uccisi legalmente più di 400 milioni di animali. Una stima per difetto in quanto il calcolo viene fatto sui carnieri di caccia e non si considerano gli animali uccisi e non recuperati e quelli feriti e morti successivamente dopo atroci sofferenze.

A questi già impressionanti numeri vanno anche aggiunti gli animali uccisi illegalmente ogni anno, compresi quelli appartenenti a specie protette. L’uccisione anche di un solo esemplare di animale protetto rappresenta un gravissimo danno per la biodiversità che vanifica gli sforzi (anche economici) della collettività per garantirne la tutela. Si calcola che siano 8 milioni i volatili che ogni anno vengono uccisi illegalmente in Italia, trasformata dai cacciatori  n una trappola  mortale per gli uccelli migratori: tra questi anche esemplari di specie  rarissime e minacciate  di estinzione, come rapaci, cicogne, persino Ibis eremita (dal dossier del WWF #FurtodiNatura: storie di bracconaggio Made in Italy).

E che il fenomeno del bracconaggio sia, purtroppo, connesso alla caccia, è testimoniato dalla vistosa impennata dei ricoveri di animali protetti in coincidenza con il periodo dell’attività venatoria e dall’alta percentuale di ferite da fucile da caccia come causa di ricovero nei diversi centri di recupero e di primo soccorso, sparsi su tutto il territorio, fra cui quelli gestiti dal WWF.

Dati che vengono purtroppo confermati dall’attività delle Guardie volontarie del WWF che solo nelle giornate della preapertura hanno elevato 22 contestazioni amministrative e 10 penali, 6 notizie di reato contro persone note e 3 contro ignoti. La maglia nera delle regioni è toccata alla Campania con 3 persone denunciate in fragranza (richiamo acustico vietato, caccia specie non consentita e alterazione della potenza dei fucili), 3 sequestri di fucili e munizioni. Tutte le notizie di reato e i sequestri sono stati realizzati in collaborazione con l’arma dei Carabinieri.

La recente uccisione di un raro esemplare di capovaccaio (specie che sia l’Unione Europea sia il WWF stanno cercando di sottrarre all’estinzione in Italia) in viaggio verso l’Africa, ripropone poi l’urgenza di una riforma del sistema sanzionatorio penale in materia di bracconaggio e delle tante forme di caccia  illegale. Appare, pertanto, chiara la necessità e l’urgenza di un inasprimento delle sanzioni nella forma di delitti per un’efficace tutela penale della fauna selvatica, in particolare di quella protetta.

Per questo il WWF Italia chiede al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa di promuovere e sostenere una riforma del sistema sanzionatorio penale per l’uccisione, la catture illegale, il commercio illecito, di animali appartenenti a specie protette dalle leggi italiane, europee o internazionali, con l’introduzione del “Delitto di uccisione di specie protetta”, a completamento della riforma attuata nel 2015 con la legge n. 68 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”.

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