Ambiente e salute, un legame indissolubile, considerando la stretta correlazione tra l’uomo e lo spazio che lo circonda. È ormai noto come l’inquinamento di acqua, aria e terra abbia ricadute negative sul nostro benessere e rappresenti un fattore determinante nello sviluppo di malattie a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare e di patologie oncologiche. Di questo tema se ne discute oggi a Roma in occasione del convegno “Emergenza cancro – Fattori ambientali modificabili e stili di vita non corretti”, organizzato dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), in prima linea nella tutela della salute umana tramite la salvaguardia della natura, in collaborazione con Confassociazioni Ambiente. All’evento partecipano oltre 60 rappresentanti del Governo, del Parlamento, delle Associazioni di consumatori, della scienza e dell’imprenditoria, riuniti per fare il punto sulle criticità nel rapporto tra ambiente e condizione fisica e proporre possibili soluzioni per ridurre gli effetti dell’inquinamento sulla salute e qualità di vita. Intervengono, tra gli altri, Massimo Inguscio, Presidente CNR, Angelo Lino Del Favero, Direttore Generale dell’Istituto Superiore di Sanità, Giovanni Malagò, Presidente CONI, Antonio Felice Uricchio, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” ed Elio Franzini, Rettore eletto dell’Università degli Studi di Milano.
Nel 2016 il Ministero della Salute ha diffuso una mappa delle aree più contaminate presenti nel nostro Paese, associata all’eventuale rischio di sviluppare malattie oncologiche. I dati hanno evidenziato un incremento anche del 90% in soli 10 anni: cancro alla tiroide, alla mammella e il mesotelioma i tumori più diffusi nelle zone prese in esame, causati dall’esposizione a sostanze tossiche, quali diossina, amianto, petrolio, policlorobifenili e mercurio.
L’Italia, inoltre, detiene la maglia nera in Europa per quanto riguarda l’incidenza di malattie oncologiche in età pediatrica. È quanto emerge da uno studio condotto in 62 Paesi dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), in collaborazione con l’Associazione Internazionale dei Registri del Cancro e pubblicato nel 2017 su “Lancet Oncology”[1]. La maggiore incidenza di tumori si registra nei bambini tra 0 e 14 anni e negli adolescenti tra i 15 e i 19 anni nell’area del Sud Europa che comprende, oltre all’Italia, Cipro, Malta, Croazia, Spagna e Portogallo.
Anche l’ultimo rapporto Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) a cura dell’Istituito Superiore di Sanità rileva un’”emergenza cancro” tra i più giovani. I dati raccolti nel periodo 2006-2013 in 28 dei 45 siti italiani maggiormente inquinati hanno infatti sottolineato un incremento di tumori maligni del 9% nei soggetti tra 0 e 24 anni, registrando picchi del 50% per i linfomi Non-Hodgkin, del 62% per i sarcomi dei tessuti molli e del 66% per le leucemie mieloidi acute.
“Generalmente si pensa al cancro come a una malattia della terza età e si sostiene che il trend continuo di incremento di tumori nel corso del XX secolo in tutti i Paesi industrializzati possa essere spiegato mediante la teoria dell’accumulo progressivo di lesioni genetiche stocastiche e il miglioramento continuo delle nostre capacità diagnostiche”, esordisce Ernesto Burgio, membro dell’European Cancer and Environment Research Institute (ECERI) di Bruxelles. “In genere si afferma che i tumori infantili sono una patologia rara. È opportuno però ricordare come, in termini assoluti, uno su 5-600 nuovi nati si ammalerà di cancro prima del compimento del quindicesimo anno d’età; come, nonostante i significativi miglioramenti prognostici degli ultimi decenni, il cancro rappresenti la prima causa di morte per malattia nei bambini che hanno superato l’anno d’età; come anche in questa fascia d’età, a partire dagli anni 1980-90, si sia assistito a un aumento significativo della patologia tumorale”.
Ma quali misure si possono adottare per limitare i danni dell’inquinamento?
“I cittadini si credono talvolta impotenti di fronte a questo tema ma invece sono proprio loro a poter cambiare la situazione con scelte consapevoli, a partire dagli acquisti piccoli o grandi di tutti i giorni. I nostri consumi possono modificare il mercato e nello stesso tempo costringere le aziende produttrici a essere veramente ecosostenibili: pretendiamo, quindi, alimenti, elettrodomestici e prodotti di uso quotidiano che siano scientificamente validati da Enti pubblici italiani”, dichiara Alessandro Miani, Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale e docente di Prevenzione Ambientale del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. “Ci sono poi semplici regole che ognuno di noi può seguire a casa propria per fare prevenzione ambientale – dall’utilizzo di bottiglie d’acqua in vetro anziché in plastica ai piccoli accorgimenti per migliorare la qualità e ridurre lo spreco di acqua potabile – e per evitare i danni causati dall’eccessiva esposizione all’inquinamento indoor e ai campi elettromagnetici. Quello che facciamo oggi avrà ricadute tangibili tra 30 anni: dobbiamo quindi agire subito per consegnare alle future generazioni un ambiente sostenibile”.
“Il radon è un pericolo invisibile per la salute e un tema poco trattato, nonostante l’esposizione al gas presente nell’aria rappresenti il principale fattore di rischio di tumore polmonare dopo il fumo da sigaretta”, spiega Antonio Federico, Segretario della Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati. “Dobbiamo dotare ogni Regione di un piano di monitoraggio capillare sulle radiazioni da radon, proprio perché la fase di monitoraggio è centrale e c’è tanto da fare. La nuova direttiva europea migliora i livelli di sicurezza italiani ma non rispetta quelli richiesti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre, in Italia non esiste una normativa per quanto riguarda i parametri da rispettare nelle abitazioni. Fondamentale, quindi, mantenere alto l’interesse sul tema per intervenire sul piano normativo e regolamentare e per salvaguardare la salute di tutti”.
“I contaminanti emergenti, ancora poco noti e non identificati nelle normative, rappresentano la sfida attuale della comunità scientifica per la tutela della salute pubblica. Tra di essi, i sottoprodotti della disinfezione delle acque, i pesticidi, i metaboliti dei composti farmaceutici o i prodotti per la cura personale, spesso usati in eccesso, scaricati nelle acque reflue o tra i rifiuti, contaminano cibo e risorse idriche con grave impatto per l’ambiente e per la salute dell’uomo. Le procedure di analisi di rischio, gli approfondimenti sui cicli di vita di ogni composto e le potenzialità delle soluzioni tecnologiche di controllo consentono di tracciare una strada per identificare le priorità e imporre le risposte necessarie”, sottolinea Vincenzo Belgiorno, Professore Ordinario di Ingegneria Ambientale UNISA.
“L’attenzione alla qualità delle acque amplifica la sua portata quando ci si riferisce alle sostanze cancerogene che ne insidiano il loro utilizzo continuo e sicuro in ogni ambito, potabile, civile e industriale. Una visione che punti all’innovazione può consentire di perseguire la giusta percezione della contaminazione ma può anche ottimizzare l’uso dell’acqua e offrire sistemi tecnologici per la rimozione di tali pericolosissimi contaminanti, mantenendo inalterati gli standard di qualità“, conclude Vito Felice Uricchio, Direttore CNR IRSA.
[1] Steliarova-Foucher E. et al., “International incidence of childhood cancer, 2001-10: a population-based registry study”, Lancet Oncology 2017; 18: 719-31.