Sono quasi mezzo milione i bambini di età inferiore ai 15 anni che in Italia hanno ricevuto aiuto per bere il latte o mangiare. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’aumento della fame nel mondo nel 2017 evidenziata dal rapporto Nazioni Unite, Fao, Ifad, Unicef e Oms. I bambini – sottolinea la Coldiretti – sono la punta dell’iceberg della situazione di disagio in cui si trovano in Italia ben 2,7 milioni di persone sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea). Si tratta di famiglie che hanno beneficiato di sostegno per mangiare – precisa la Coldiretti – attraverso l’accesso alle mense dei poveri o molto più frequentemente con pacchi alimentari che rispondono maggiormente alle aspettative dei nuovi poveri (pensionati, disoccupati, famiglie con bambini) che per vergogna prediligono questa forma di aiuto piuttosto che il consumo di pasti gratuiti nelle strutture caritatevoli. Infatti sono appena 114mila quelli che si sono serviti delle mense dei poveri a fronte di 2,55 milioni che invece hanno accettato l’aiuto dei pacchi di cibo. Contro la povertà – continua la Coldiretti – si attiva la solidarietà con molte organizzazioni attive nella distribuzione degli alimenti, dalla Caritas Italiana al Banco Alimentare, dalla Croce Rossa Italiana alla Comunità di Sant’Egidio, mentre nei mercati di Campagna Amica è possibile praticare la “spesa sospesa”, una donazione libera per acquistare prodotti a favore dei più bisognosi. E si contano ben 10.607 strutture periferiche (mense e centri di distribuzione) promosse da 197 enti caritativi impegnate nel coordinamento degli enti territoriali ufficialmente riconosciute dall’Agea che si occupa della distribuzione degli aiuti. A fronte di questa drammatica di situazione di difficoltà – conclude la Coldiretti – ogni anno finisco nel bidone della spazzatura prodotti alimentari per oltre 16 miliardi di euro, con gli sprechi domestici in Italia che rappresentano ben il 54% del totale e sono superiori a quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%).