Malattie rare: 250 italiani con disordini del ciclo dell’urea, soprattutto bimbi

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Quando mancano gli enzimi del ciclo dell’urea, necessari per eliminare l’ammoniaca che viene normalmente prodotta dal nostro organismo ed eliminata attraverso l’urina, questa si accumula causando un danno tossico a carico del sistema nervoso centrale. Le conseguenze possono essere letargia, sonnolenza, vomito, crisi convulsive o alterazioni neurologiche di diversa entità, fino a danni cerebrali anche irreversibili, coma e morte. A provocarli sono i difetti del ciclo dell’urea, una famiglia di malattie genetiche che hanno un’incidenza stimata di 1 su 35.000 nati, “con circa 200-250 pazienti in Italia, seguiti soprattutto presso i centri di riferimento pediatrici del Paese, di cui circa 60 presso il nostro ospedale“, spiega Carlo Dionisi Vici, primario dell’Unità di Patologia metabolica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
I disordini o difetti del ciclo dell’urea (Ucd – Urea Cycle Disorders), di cui si parla al Congresso della Society for the Study of Inborn Errors of Metabolism (Ssiem) in corso ad Atene, sono malattie genetiche rare causate dalla carenza di enzimi o di trasportatori mitocondriali, espressi principalmente nel fegato, coinvolti nel metabolismo azotato e responsabili delle reazioni biochimiche che, nelle persone sane, trasformano l’ammonio (ammoniaca) in urea, permettendone l’eliminazione attraverso le urine. L’ammonio viene infatti continuamente prodotto dal metabolismo delle proteine e, se non adeguatamente eliminato attraverso il ciclo dell’urea, si accumula nel sangue raggiungendo valori tossici – iperammoniemia – che provocano gravi complicanze neurologiche e conseguenze persino fatali.
Oggi abbiamo fatto passi avanti importanti per la diagnosi di questi disturbi – evidenzia l’esperto – in quanto alcuni di essi possono essere diagnosticati fin dai primissimi giorni di vita grazie allo screening neonatale, che consente di individuare i bambini a rischio e di valutare la terapia più adatta, in epoca pre-sintomatica“.
Il ritardo nella diagnosi e nel trattamento di queste condizioni può infatti portare a gravi e irreversibili danni neurologici che comportano deficit neurocognitivi, convulsioni, paralisi cerebrali e, in mancanza di cure adeguate, appunto, anche la morte.
Questi disturbi, pur essendo geneticamente diversi l’uno dall’altro, dal punto di vista clinico si somigliano molto – sottolinea Dionisi Vici – e ciò che li contraddistingue in termini di gravità e di prognosi è il livello di intossicazione che provocano. Possono avere conseguenze estremamente gravi o anche meno gravi, ma in quasi tutti i casi la vita del paziente viene condizionata in termini di qualità. I pazienti devono seguire un programma di cura complesso basato su una dieta a ridotto contenuto di proteine, integrata con aminoacidi essenziali, e su farmaci che aumentano l’eliminazione dell’ammonio. Nelle situazioni più gravi può essere indicato il trapianto di fegato“.
Di recente in Europa è stata approvata una nuova opzione terapeutica, il glicerolo fenilbutirrato, che ha portato il vantaggio di “un rilascio più lento e una azione prolungata e migliore nel tempo nel controllo dell’ammoniemia, con la necessità di un numero ridotto di somministrazione rispetto alle attuali scelte di trattamento disponibili (in compresse o granulato), e di una formulazione in sciroppo dal sapore migliore e dalla più facile gestione pratica nel caso di pazienti pediatrici. Questo probabilmente contribuirà a migliorare il problema dell’aderenza alla cura, che per questi pazienti naturalmente dura tutta la vita”. Nei prossimi 5-10 anni, poi, conclude l’esperto, “saranno disponibili i primi risultati di nuove cure molto promettenti, basate sulla terapia genica“.

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