Costretti a nutrirsi attaccati a un filo perché l’intestino non fa quello che dovrebbe, ovvero nutrire correttamente l’organismo. Sono 800 i pazienti in Italia (di cui circa 150 in età pediatrica) che combattono contro l’insufficienza intestinale cronica benigna (Iicb). Una condizione rara, poco conosciuta, che determina malassorbimento di macronutrienti, acqua ed elettroliti in seguito alla resezione della maggior parte dell’intestino, di solito più dei due terzi della lunghezza. “La stima di questa patologia è di 12 casi ogni milione di abitanti, l’insufficienza intestinale cronica benigna è inserita nella lista europea delle malattie rare, ma a livello nazionale pur essendo la più rara delle insufficienze d’organo e anche la meno conosciuta, eccetto nella Regione Piemonte, non è riconosciuta come patologia rara“, spiegano gli esperti.
Una delle cause più frequenti di questa insufficienza d’organo è la Sindrome dell’intestino corto (Sic), insieme ad altre quali danni della mucosa, fistole, danni della motilità e occlusioni meccaniche, determinando la necessità di supporto nutrizionale parenterale per consentire al paziente di vivere. Le iniziative e le terapie per affrontare la sindrome dell’intestino corto sono al centro dell’evento Ecm ‘Nuove prospettive terapeutiche nella sindrome dell’intestino corto‘, svoltosi a Bologna.
Fra i temi sul tavolo anche l”Atlas‘, il progetto di sensibilizzazione sull’insufficienza intestinale cronica benigna supportato da Shire, che sbarca in Italia, e ha redatto e pubblicato il ‘Policy paper’ sull’Iicb. A stilarlo un gruppo multidisciplinare di medici, legislatori della sanità e rappresentanti dei pazienti, uniti dal desiderio comune di mettere a punto e offrire soluzioni alle esigenze insoddisfatte di cura e trattamento dei malati di insufficienza intestinale cronica benigna.
“Si parla di Sindrome dell’intestino corto nell’adulto quando l’intestino tenue viene resecato fino a meno di 200 centimetri quadrati. I sintomi riferiti dai pazienti comprendono diarrea, gonfiore e dolore addominale, dimagrimento – hanno ricordato gli specialisti – Le cause croniche che possono portare a questa sindrome sono malattia di Crohn, aderenze, enterite da radiazioni acute; mentre quelle acute comprendono infarto intestinale acuto, complicanze post chirurgiche“.
L’insufficienza intestinale cronica benigna è una condizione invalidante che colpisce i pazienti e le loro famiglie, limitando notevolmente le possibilità di lavorare, studiare, viaggiare e vivere a pieno la propria vita. “Nei diversi Paesi i pazienti spesso incontrano variazioni dello standard di cura a loro disposizione – hanno sottolineato i rappresentati delle associazioni dei pazienti – Questa situazione comporta un maggiore stress per loro che già dipendono da cure mediche intense. Questi malati dovrebbero invece avere lo stesso diritto di un’elevata qualità di vita come le persone affette da altre insufficienze d’organo, ad esempio l’insufficienza renale o epatica“. Ed è proprio a questo scopo che è nato ‘Atlas’.
“L’Insufficienza intestinale cronica benigna, di cui la Sindrome dell’intestino corto è la principale causa – ha affermato Francesco Scopesi, amministratore delegato di Shire Italia – è una condizione terribile che oggi in Italia è ancora poco conosciuta e non riconosciuta come malattia rara. Ci stiamo impegnando a livello europeo e italiano per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e per questo percorso di riconoscimento come malattia rara, supportando il progetto ‘Atlas’ ed altre iniziative locali“.
Il programma ‘Atlas’ ha infatti l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei malati di Iicb e alzare lo standard di cura nei Paesi europei, mostrando le differenze di trattamento e mettendo a confronto le ‘best practice’. ‘Atlas’ è stato presentato al Parlamento europeo lo scorso marzo e oggi arriva in Italia grazie al rappresentante italiano nel board: Loris Pironi del Sant’Orsola di Bologna. Oltre a questa iniziativa, l’associazione ‘Un filo per la vita onlus’ ha presentato il suo programma per portare al riconoscimento dell’Iicb come malattia rara.
Prima degli anni ’60, l’insufficienza intestinale cronica era considerata una malattia mortale. In seguito i casi a cui era stata diagnosticata hanno cominciato a ricevere una nutrizione in ospedale tramite una soluzione somministrata per via endovenosa (nutrizione parenterale). Da allora la raccomandazione si è spostata verso la nutrizione parenterale domiciliare, che consente ai pazienti di gestire il trattamento a casa propria. A livello farmacologico invece è disponibile un derivato sintetico di un fattore trofico (Glp-2-peptide glucagone simile 2), il teduglutide. “Questo farmaco è indicato per il trattamento della Sindrome dell’intestino corto e testimonia l’impegno dell’azienda nell’innovazione a favore della comunità dei pazienti con malattie rare“, ha ricordato Alessandro Lattuada, franchise head di Shire Italia.
“In diversi studi preclinici, è stato dimostrato che teduglutide preserva l’integrità della mucosa promuovendo la riparazione e la normale crescita dell’intestino attraverso un incremento dell’altezza dei villi e della profondità delle cripte – ricorda Shire Italia – Dagli studi condotti, inoltre, il trattamento a lungo termine con teduglutide (30 mesi) si è associato a un guadagno di giorni o settimane senza supporto parenterale e, in alcuni casi, al raggiungimento della completa indipendenza da questo“.