I bambini con disturbi specifici del linguaggio, tra cui la balbuzie, sono tre volte più a rischio di bullismo. E’ quanto emerge da un rapporto dell’Istat (‘Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi‘), che mette inoltre in evidenza come ben oltre la metà dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni abbia subito almeno un episodio offensivo, non rispettoso o violento da parte di altri ragazzi nel corso dell’ultimo anno. E nel 6% dei casi la derisione è causata dall’aspetto fisico e/o il modo di parlare. Le persone con balbuzie – osservano gli esperti – tendono a identificarsi con la balbuzie stessa, e questa relazione si innesta nel momento cruciale di creazione dell’identità, quindi nell’infanzia il bullismo non fa altro che consolidare questa percezione e amplificare le esperienze negative già associate alla balbuzie.
“La balbuzie con l’evidente fatica nel parlare, a volte associata anche a spasmi facciali o movimenti involontari – spiega Valentina Letorio, neuropsicologa specialista nel trattamento rieducativo della balbuzie – attira l’attenzione degli altri e può far diventare il ragazzo che balbetta un facile bersaglio di scherno e derisioni. Questa situazione si aggrava ulteriormente se si considera che la balbuzie può portare al ritiro e all’isolamento sociale per limitare le occasioni di confronto e di disagio, facendo così etichettare chi balbetta come un elemento debole“.
“Per aiutare questi ragazzi a coltivare la loro autostima proprio nel momento in cui sono più sensibili al giudizio altrui, è molto importante agire non solo sul ragazzo ma anche sul contesto in cui vive – sottolinea Giovanni Muscarà, ex balbuziente e fondatore di Vivavoce Institute – Per questo abbiamo lanciato con l’associazione Pepita Onlus una campagna di sensibilizzazione #liberalavoce proprio per aiutare genitori, insegnanti, educatori e ragazzi a comprendere che la balbuzie va vista come una fatica. Capire cosa è la balbuzie e come si manifesta è il primo passo per sostenere questi ragazzi e far fermare gli episodi di derisione nei loro confronti“.
“Lo squilibrio tra bullo e vittima – aggiunge Letorio – è ancora più evidente se si considera la consapevolezza del giovane che balbetta alla maggiore derisione che avrebbe una sua eventuale reazione o risposta. I ragazzi con questo disturbo reagiscono al disagio di non riuscire a comunicare efficacemente autoescludendosi o, in alcuni casi, ad essere emarginati dagli altri. Questo isolamento e il mancato sviluppo di competenze sociali – sottolinea – possono causare a lungo termine ansia, paura delle valutazioni negative e minore soddisfazione della vita nell’età adulta“.
“Il bullismo è un supplizio che si consuma nel tempo, una persecuzione crudele, sottile e demolitiva – ribadisce spiega Gabriella Pozzobon, presidente della Società italiana di medicina dell’adolescenza – Essere vittima di bullismo costituisce, al pari dell’abuso fisico o sessuale, uno stress sia acuto che cronico per il bambino o adolescente, che può avere importanti implicazioni negative sulla salute fisica e mentale, con rischio di sviluppare diverse tipologie di disturbo, nell’immediato e a lungo termine. Le esperienze traumatiche nell’infanzia e nell’adolescenza attivano i sistemi ormonali e neurochimici dello stress con possibili danni strutturali e funzionali al cervello e agli altri organi, interferenze con la risposta del sistema immunitario, aumento del rischio di patologie sia fisiche che mentali“, conclude.