È efficace la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, nel trattamento in prima linea del melanoma metastatico. Il 53% dei pazienti colpiti da questo tumore della pelle è vivo a 4 anni grazie alla combinazione, rispetto al 46% raggiunto dalla monoterapia con nivolumab e al 30% della monoterapia con ipilimumab. Lo dimostrano i dati dello studio di fase III CheckMate -067 su più di 940 pazienti, presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) in corso a Monaco. “Si tratta di un dato senza precedenti che rende concreta la possibilità di cronicizzare il melanoma in più della metà dei casi – afferma il prof. Paolo Ascierto, Presidente della Fondazione Melanoma e Direttore Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli -. Sappiamo infatti che, dopo 36 mesi, le percentuali di sopravvivenza si mantengono stabili nel tempo. Lo studio ha anche dimostrato che, a 4 anni dall’inizio della terapia e dopo averla interrotta, i pazienti continuano a rispondere positivamente. Inoltre, è emerso che, nei pazienti che presentano la mutazione del gene Braf, cioè il 50%, la combinazione funziona meglio. Benefici evidenti sono stati evvidenziati anche in una categoria particolare di pazienti, cioè quelli che presentano metastasi cerebrali”. Nel 2018 in Italia sono stimati 13.700 nuovi casi di questa neoplasia. “Purtroppo, nonostante gli importanti risultati evidenziati anche nei malati con metastasi cerebrali – sottolinea il prof. Ascierto –, la combinazione nivolumab e ipililumab nel melanoma avanzato non è disponibile per i pazienti italiani perché l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha deciso di non approvarne la rimborsabilità. È importante invece che questa terapia sia resa disponibile, soprattutto per alcune categorie di malati”.