“Le notevoli risposte alle immunoterapie sono attualmente limitate a una minoranza di pazienti e indicazioni, evidenziando la necessita’ di approcci piu’ mirati, efficaci e innovativi“: lo ha dichiarato Giuseppe Palmieri, responsabile a Sassari dell’unita’ di genetica dei tumori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb), in riferimento al premio Nobel della Medicina 2018, assegnato agli scopritori dell’immonuterapia anticancro. “Tutto e’ partito dalla scoperta che una molecola, CTLA-4, si oppone alla stimolazione delle cellule linfocitarie del sistema immunitario nel riconoscimento e all’eliminazione delle cellule tumorali. In pratica, e’ stata dimostrata l’esistenza di un blocco di attivazione del sistema immunitario, che in natura esiste per evitare un’eccessiva attivita’ del nostro sistema immune in grado di scatenare malattie autoimmunitarie quali le artriti diffuse. Dalla meta’ degli anni ’80 si sono scoperte altre molecole coinvolte nell’inibizione della stimolazione del sistema immunitario e nel mancato riconoscimento delle cellule tumorali (il cosiddetto “checkpoint immunitario”), che hanno portato all’identificazione di terapie mirate in grado di rimuovere tale blocco di riconoscimento a livello del checkpoint immunitario ed indurre risposte durature su piu’ tipi di cancro, il che ha permesso alla comunita’ oncologica di iniziare ad ottenere approcci terapeutici potenzialmente curativi“. “L’ulteriore comprensione dei meccanismi biologici e delle funzioni alla base di questi meccanismi molecolari sara’ essenziale per la progettazione razionale delle immunoterapie di nuova generazione, cercando di sviluppare marcatori predittivi di risposta terapeutica in grado di identificare i diversi sottogruppi di pazienti“.