In un mondo sempre più digitale, meccanizzato, iper veloce, dominato dal ‘tutto e subito’, “la medicina sta perdendo di vista l’uomo inteso come individuo nella sua globalità di corpo, mente e spirito”. “E se l’iperspecializzazione è una conquista importante della scienza, rischia di essere pericolosa perché non guarda più all’essere umano nel suo insieme” ma ad un ‘uomo a pezzi’. In questo quadro la medicina omeopatica rappresenta “un neoumanesimo, perché mette al centro l’uomo e non la malattia”, è una medicina ‘lenta’ e ‘di racconto’ che non guarda l’orologio, ascolta, osserva e ‘legge’ anche il non detto”. A parlare, in un momento in cui a farla da padrone sono fake news e dibattiti accesi su temi di salute, sono Francesco Negro, medico e omeopata, presidente della Fondazione Negro, ed Elena Bosi, pediatra milanese esperta in omeopatia e medicine complementari.
Oggi “c’è fretta nel comunicare e nell’ottenere risposte – afferma il medico romano, figlio di Antonio Negro, pioniere dell’omeopatia italiana – per cui una patologia deve essere risolta in brevissimo tempo, e non si guarda più alle conseguenze dei farmaci che vengono assunti. La medicina omeopatica è certamente più lenta, perché deve cercare di ricostituire in una persona l’equilibrio psicofisico perso, guardando all’uomo come corpo, mente e spirito, dunque come un tutt’uno, del resto – fa notare – ‘individuus’ in latino significa proprio ‘indivisibile'”. Le polemiche e le battaglie contro “sono sterili perché alle persone interessano soprattutto i risultati e in alcune patologie la medicina omeopatica è davvero elettiva come non lo è per altre malattie”.
“Si sta perdendo un rapporto confidenziale con la persona – afferma Elena Bosi – perché non si ha il tempo di affrontare le sue problematiche. Va recuperato il tempo da dedicare al paziente perché l’obiettivo è di arrivare a comprendere quali sono le sue sofferenze”.
E la medicina omeopatica, a partire dal momento della visita con il paziente, non conosce orologio e tempi prefissati, perché “la visita omeopatica – spiega Negro – è il racconto di una storia, la storia di una persona che soffre e che chiede ad un’altra persona un aiuto. Spesso può durare molto, tutto dipende da cosa il paziente ha da dire. Nella visita – prosegue – si stabilisce un rapporto, fatto molte volte anche del ‘non detto’, perché il medico omeopatico deve essere attento a qualunque particolare, come il paziente si presenta, come si muove o si atteggia, come è vestito, come scrive, che farmaci porta con sé, cosa racconta, quali sono i suoi desideri, le sue avversioni, il suo stile di vita, i suoi dolori, i suoi problemi. Tutto questo naturalmente viene inserito nella sua vita, nella sua famiglia, nel suo lavoro”.
“Osservare e ascoltare – afferma Elena Bosi – sono i due principi generali alla base di una visita omeopatica, che permettono di utilizzare la semeiotica, quell’arte medica, che stiamo purtroppo perdendo, di interpretare i segnali che il nostro corpo ci manda, corpo che parla anche delle nostre emozioni. Tutto questo è molto evidente nei bambini che esprimono tantissimo con il fisico”, spiega la pediatra.
Bosi cita quindi alcuni segnali importanti per il medico omeopatico: “Per esempio vedere, quando lo peso sulla bilancia, come reagisce ad essere toccato da un estraneo, ad essere posizionato su un oggetto che non conosce o quando è in braccio alla madre come reagisce alla mia visita, con spavento, diffidenza o socialità. Tutto questo mi dice già tanto della sua personalità”. Non solo “per me sono importanti anche le informazioni che risalgono a prima della nascita del bambino, in modo da avere un quadro completo di come è stata la gravidanza”, aggiunge.
A questo punto della visita, si procede con l’esame obiettivo, “e per questo useremo i mezzi strumentali della medicina accademica”, riferisce Negro, “per arrivare ad avere un quadro completo della persona, a fare una diagnosi e identificare cercare così il cosiddetto ‘rimedio di fondo’ il medicinale che permette di mantenere in equilibrio il soggetto e agisce in parte anche come prevenzione delle sue patologie, sempre tenendo conto di un aspetto non solo fisico ma anche emotivo che possa aver contribuito alla loro comparsa”, spiega Bosi.
“Ovviamente proprio perché si tratta di un dialogo tra medico e paziente – prosegue Negro – è importante che questo dialogo continui, non a caso sul mio ricettario ci sono il mio numero di cellulare e l’indirizzo mail in modo che possa essere sempre rintracciato. Una disponibilità importante – aggiunge – perché il paziente deve sentirsi protetto da una medicina ‘umanistica’ che lo metta al centro”.
Ma quali sono le patologie per cui ci si rivolge più spesso all’omeopata? “In teoria – risponde Negro – l’omeopatia potrebbe curare tutto tranne quello che cura la chirurgia. Ma è chiaro che c’è un problema di velocità perché davanti a una patologia iperacuta come un infarto, io vorrei un defibrillatore e non una Digitale alla quinta o alla terza. In molte patologie, quelle che agiscono sulla funzione, ha invece un’efficacia estrema, pensiamo a tutte quelle che noi chiamiamo psicosomatiche. Fare un elenco può diventare banale – sostiene l’esperto – perché un po’ tutte le patologie possono essere curate, dalle coliti alle gastriti, dall’insonnia all’ansia, all’asma alle allergie”.
“Cosa chiedono i genitori che vengono da me? Che i bambini si ammalino meno”, afferma la pediatra, che racconta: “Mi capita di vedere piccoli che a tre anni hanno già ricevuto 30 terapie antibiotiche, il che significa che hanno uno stato di intossicazione, di disbiosi, ovvero un’alterazione intestinale che vuol dire alterazione del sistema immunitario, ovvero ridotta difesa nei confronti dell’infezione. Vengono quindi per infezioni ricorrenti nonostante terapie antibiotiche, allergie non più tenute sotto controllo, e su questo l’omeopatia può molto senza togliere nulla a nessuno, senza escludere le terapie tradizionali, che vanno utilizzate in modo ragionato e solo quando necessario”.
Dunque omeopatia e medicina accademica sono perfettamente complementari.
“La medicina omeopatica non è un dogma ma non deve essere un dogma neanche il fatto che non sia una medicina, perché prima di criticarla dovrebbe essere conosciuta. Per questo – afferma Negro – invito sia i medici accademici a capire cos’è la mentalità omeopatica così come i medici omeopati a non smettere mai di studiare la medicina accademica, perché – come diceva mio padre – due mani lavano il viso”.