Sanità, immunodeficienze: Aip lancia il ‘patto di sangue’ per la salute dei pazienti

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Un “patto di sangue”, per dare una spinta etica e solidale affinché si innalzi ancora di più il livello di quantità ed efficienza nella donazione e raccolta di sangue e plasma, indispensabile per la produzione di medicinali plasmaderivati alla base di terapie spesso salvavita, come quelle per i pazienti che soffrono di una immunodeficienza primitiva. E’ questo l’obiettivo dell’Associazione immunodeficienze primitive onlus (Aip), che alla Stazione Leopolda di Firenze ha promosso il convegno ‘Patto di sangue – Un’alleanza per la salute del paziente’, organizzato nel quadro degli incontri del Forum della sostenibilità e opportunità nel settore della Salute.

L’appuntamento è stato un’occasione per affrontare i temi dell’aumento della raccolta del sangue, necessario a raggiungere l’autosufficienza nazionale, della dimensione etica della donazione, che rende l’Italia un caso virtuoso nel panorama mondiale, e dell’esigenza di una maggiore efficienza di questo sistema. All’evento hanno dato il proprio contributo scientifico nel ruolo di relatori Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità; Maria Rita Tamburrini, direttore Ufficio VII trapianti, sangue ed emocomponenti del ministero della Salute; Simonetta Pupella, direttore Area sanitaria e Sistemi ispettivi del

Centro nazionale sangue e Simona Carli, Centro nazionale sangue Regione Toscana.
Si è svolta in conclusione una tavola rotonda che ha raccolto le testimonianze delle Associazioni di donatori e delle Associazioni di riceventi, rappresentate da Giampietro Briola, coordinatore nazionale Civis, Alessandro Segato, presidente Aip Onlus e Daniele Preti, Fedemo. L’evento fiorentino – spiegano da Aip – è la prima tappa di un percorso che si concretizzerà in un ‘Manifesto Sangue’ con lo scopo di identificare i temi prioritari e promuoverli sia tra le istituzioni sia tra la gente.Un ulteriore approfondimento di queste tematiche si svilupperà nel secondo atto di ‘Patto di sangue’ il 22 novembre a Rieti.
“La necessità di un ‘Patto di sangue’ – spiega il presidente Aip, Alessandro Segato – nasce dall’idea di coinvolgere istituzioni, stakeholder e le altre associazioni per fare sistema, al fine di coniugare l’eticità del gesto della donazione con l’efficientamento del sistema e il raggiungimento dell’autosufficienza per il plasma oltre che per il sangue intero. In tal senso è importante sensibilizzare alla donazione di plasma che, essendo maggiormente frazionabile, consente un utilizzo più efficiente degli emocomponenti. Il plasma non può non essere considerato una risorsa strategica – aggiunge Segato – La richiesta di prodotti emoderivati e plasmaderivati sta crescendo e si sta differenziando. A livello nazionale cresce l’esigenza di una migliore omogeneità sul tema della raccolta a livello interregionale in modo da garantire una sostenibilità di medio-lungo periodo. Inoltre, occorre sottolineare la necessità di maggiore solidarietà? tra i vari contesti territoriali”.

Di contro a un crescente bisogno di sangue e plasmaderivati, negli ultimi anni si sta registrando un preoccupante calo delle donazioni. In base al documento presentato dal Centro nazionale sangue in occasione del World Blood Donor Day, i donatori lo scorso anno sono stati poco più di un milione e 680 mila, 8 mila unità in meno rispetto al 2016. Per far fronte a questa situazione di emergenza – ribadisce Aip – gli stati e le regioni devono attuare un piano di indipendenza strategica coinvolgendo tutti gli stakeholder del sistema e promuovendo campagne di sensibilizzazione. A livello nazionale cresce l’esigenza di una migliore omogeneità sul tema della raccolta a livello interregionale in modo da garantire una sostenibilità di medio-lungo periodo.
“Dobbiamo lavorare per raggiungere l’autosufficienza nazionale, in termini di approvvigionamento di plasma, perché il plasma rappresenta una risorsa strategica soprattutto per i pazienti con immunodeficienze primitive – ha sottolineato Simonetta Pupella – Un’azione che stiamo mettendo in campo è aver declinato un piano plasma nazionale. Questo vuol dire aver messo nero su bianco un obiettivo di raccolta del plasma assegnato ad ogni Regione, con un incremento nel tempo, che entro 5 anni ci dovrà portare a raggiungere dei quantitativi in grado di avvicinarci il più possibile all’autosufficienza. E’ un obiettivo condiviso, sul quale ogni Regione dovrà lavorare. Sappiamo che il mercato mondiale si sta muovendo, e che gli Stati Uniti la stanno facendo da padrone, ma -avverte – ci sono delle minacce che possono interrompere l’approvvigionamento americano. Le dobbiamo prevedere e dobbiamo lavorare per renderci indipendenti e autosufficienti, e capaci di gestire il fabbisogno dei pazienti italiani con le nostre risorse”.

“E’ necessario anche rafforzare la cultura della donazione di plasma tra i donatori – ha aggiunto Maria Rita Tamburrini – che dovrebbero essere maggiormente aiutati e sensibilizzati dalle associazioni su questo aspetto. Esistono poi delle difformità regionali innegabili – ammette – Per quanto riguarda i plasmaderivati abbiamo avviato un programma nazionale, dove sono stati dati degli obiettivi alle regioni, monitorate dal Centro nazionale sangue, per stimolarle a mettere in atto le iniziative necessaria ad assicurare l’assistenza trasfusionale”.

Per Walter Ricciardi “voler continuare sul concetto di donazione gratuita volontaria è nobile, però, di fatto, le condizioni epidemiologiche, demografiche e anche tecnologiche del nostro Paese, per far sì che questo avvenga, sono sempre più difficili. C’è bisogno di una grande scientificità, c’è bisogno di una grande etica, di grande coraggio e capacità gestionale. In Italia – evidenzia il presidente Iss – questo, molto spesso, è difficile anche per colpa del nostro assetto organizzativo, che non è centralistico ma molto frammentato, basato sulle Regioni. La prima cosa da fare è lavorare sulla consapevolezza di questa necessità, perché credo che neanche la popolazione ce l’abbia. Ce l’hanno i malati, i pazienti, ma la popolazione dà un po’ per scontato che ci voglia sangue, che ci siano plasmaderivati e tecnologie per tutti facilmente ottenibili. Non è così. Ogni giorno in Italia si fanno le acrobazie per garantire assistenza ai pazienti. Ci vuole un piano, serve impegno e organizzazione”, conclude.

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