Nato nel 2001 in Scozia, Cameron Macaulay vive con la madre, separata, e un fratello maggiore a Clydebank, una cittadina nei pressi Glasgow. Nel 2007 la sua storia fece parecchio scalpore e da allora il dibattito in merito non si è mai concluso: Cameron, dall’età di tre anni, ricorda con dovizia di particolari episodi della sua vita precedente, con tanto di nomi e località in cui avrebbe vissuto prima di “reincarnarsi”. Già dalla tenera età di tre anni il piccolo parlava di persone che non aveva mai conosciuto e descriveva alla perfezione luoghi nei quali, in teoria, non era mai stato. I suoi discorsi non erano generici o soggetti a fraintendimenti: diceva di essere cresciuto a Barra, un’isoletta a nord della Cornovaglia, parlava della sua “vecchia famiglia”, o almeno così la definiva lui, della “mamma e dei fratelli di prima” e del vecchio padre, tale Shane Robertson, che sarebbe morto in un incidente d’auto. Era in grado di descrivere la sua vecchia casa nei dettagli: grande, con tre bagni, bianca, affacciata su una baia di Barra, dalla quale si sentiva persino il rumore di aerei che atterravano sulla spiaggia. La sua famiglia precedente, spiegava Cameron “all’attuale” mamma sempre più smarrita per via degli strani racconti del figlioletto, viaggiava molto.
Inizialmente la mamma e le maestre si erano convinte che Cameron fosse semplicemente dotato di una fervida fantasia, ma a sei anni iniziarono a comprendere che in lui c’era qualcosa di strano. Piangeva tutti i giorni perché voleva tornare dalla famiglia e dagli amici che lui definiva “di prima”. Norma, la mamma del piccolo sempre più preoccupata, decise dunque di portare il figlio a Barra, convinta che potesse essergli utile per comprendere che quelle storie erano solo frutto della sua fantasia. Il viaggio a Barra venne filmato da una troupe televisiva per conto di una casa di produzione che stava elaborando un film-documentario sulle storie legate alla reincarnazione. Tra gli altri partecipò al viaggio anche un medico, Jim Tucker, direttore della clinica di Psichiatria infantile della Virginia University.
Cameron, dopo aver visitato quasi tutte le case dell’isola, individuò la “sua”: bianca, isolata e affacciata su una meravigliosa e pacifica baia, quella di cui aveva raccontato centinaia di volte alla madre e al fratello. A pochi passi dall’abitazione, il bambino si diresse senza alcuna esitazione verso un punto nascosto da alcuni cespugli: era un’entrata segreta alla casa stessa, completamente invisibile dall’esterno. Da alcune ricerche si scoprì che esisteva una famiglia con il cognome Robertson, non originaria dell’isola, ma arrivata lì da Glasgow a partire dagli anni ’60 e fino agli anni ’80, per trascorrere le vacanze estive a Barra; non c’era però più alcuna notizia sulla famiglia in questione, se non una lontana parente che vive a Glasgow, Gillian Robertson; inoltre, nessun componente della famiglia Robertson si chiamava “Shane”, come invece Cameron ricordava.
In conclusione, si può definire reale l’esperienza di reincarnazione raccontata da Cameron? Ad oggi non esiste una risposta univoca: i particolari corretti raccontati dal bambino sono tanti, ma anche le inesattezze. Inoltre, non è mai stato escluso che l’intera vicenda possa essere stata architettata dalla madre di Cameron e dalla stessa Gillian Robertson, che abitando entrambe a Glasgow potevano verosimilmente essersi conosciute prima dell’inizio dei racconti di Cameron, nonostante sulla credibilità di quest’ultimo nessuno abbia mai avanzato dubbi concreti. Infine, Gillian, unica parente in vita della “precedente” famiglia di Cameron, non possedeva documenti che potessero provare la morte del bambino nella sua vita precedente.
La vicenda resta dunque irrisolta ed è entrata a far parte di quei casi presi in analisi dagli studiosi per condurre ricerche in merito all’esistenza delle ‘vite precedenti’, e dunque della reincarnazione. Sono stati numerosi gli scienziati e gli psicologi intervenuti in merito a questo e ad altri fatti simili, ma ad oggi una spiegazione plausibile non esiste. Ian Stevenson ha analizzato per trent’anni circa 2000 casi simili a quello di Cameron e ha poi raccolto le sue ricerche nel libro Bambini che ricordano altre vite.