“Fortunatamente stavolta non ci sono state vittime e l’allarme tsunami non ha avuto conseguenze, ma possiamo considerare il terremoto di questa notte in Grecia, con epicentro a Zante, un campanello d’allarme da non sottovalutare per il rischio dell’Italia“. Così Paolo Messina, Direttore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del CNR, fornisce ai microfoni di MeteoWeb una chiave di lettura molto interessante in termini di prevenzione antisismica.
Il terremoto della notte in Grecia ha avuto epicentro nelle acque del mar Jonio, s’è verificato alle 00:54 ed è stato di magnitudo 6.8. “Una scossa di magnitudo elevatissima – spiega Messina – basti pensare che tra un grado e l’altro della scala Richter, viene sprigionata un’energia 30 volte superiore. Quindi basta fare un rapido calcolo per evidenziare come il terremoto di oggi in Grecia sia stato circa 20 volte più energetico di quello di L’Aquila“.
“Purtroppo anche la Grecia, come l’Italia, fa parte di una zona altamente sismica che si estende fino alla Turchia ed oltre. E il terremoto di questa notte è da ricondurre allo scontro tra la placca nord Africana e quella europea. L’unico modo serio e reale che funziona per difendersi dai terremoti, è quello di costruire con modalità antisismiche. Stiamo approfondendo altri studi con il Centro di microzonazione sismica del CNR per caratterizzare il territorio dal punto di vista dell’amplificazione sismica locale, chiarendo come rispondono le varie zone in base alla tipologia del terreno: è un’operazione molto importante per la pianificazione del territorio, soprattutto per i centri storici costruiti con modalità che non sempre possono essere ricondotte a criteri antisismici perchè risalgono a secoli fa, e per dare un serio contributo alla mitigazione del rischio sismico” prosegue ancora l’esperto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Il terremoto di Zante e l’allarme tsunami nel mar Jonio
“L’allarme tsunami – spiega Messina – è scattato perchè terremoti di questa magnitudo provocano una rottura del fondale marino, come avviene anche sulla terraferma quando l’epicentro di terremoti con magnitudo superiore a 6. Questa rottura è istantanea, e genera un movimento dell’acqua che determina un’onda nella superficie marina. Quest’onda si propaga con grande velocità e dalla Grecia può arrivare facilmente in Italia. Stavolta non ci si aspettava un’onda superiore al metro, ma il dato di un metro non deve trarre in inganno, già questo potrebbe creare seri problemi. Infatti in caso di tsunami non è importante soltanto l’altezza delle onde, ma anche la velocità con cui arrivano. In alcuni casi, viaggiando per molti chilometri, possono raggiungere addirittura gli 800-900km/h, anche nel Mediterraneo. Parliamo di velocità importantissime: ecco perchè poi colpiscono le coste con una furia distruttiva. Sono fenomeni molto particolari, ma al tempo stesso semplici nella manifestazione anche disastrosa. Si tratta di uno spostamento d’acqua, che può avvenire per vari motivi: una frana, una frana sottomarina, un terremoto in mare aperto. E quando si forma uno tsunami, in mare quasi non ce ne si accorge perchè sono onde che provocano soltanto un leggero sollevamento del livello del mare. A volte anche le navi non se ne accorgono. Ma quando le onde si avvicinano alla terraferma e iniziano ad interagire con il fondale, si gonfiano (in base al tipo di fondale) innalzandosi ulteriormente e assumendo un’energia che diventa distruttiva. Ecco perchè un sollevamento del livello del mare, o un’anomalia del livello del mare di poche decine di centimetri, potrebbe avere un impatto molto pesante sulle coste arrivando in zone pianeggianti ad interessare persino l’entroterra per centinaia di metri o chilometri“.
“Le coste italiane – prosegue Messina – possono essere soggette a fenomeni di tsunami dovuti a terremoti che avvengono al largo ma anche ad altri fenomeni. Gli tsunami, infatti, si generano non solo per i terremoti ma anche per grandi frane sottomarine. Poi ci sono i vulcani, con i loro versanti molto ripidi e spesso non consolidati e dunque soggetti a frane: è l’ennesimo fattore di rischio che può provocare tsunami. Ritengo – conclude Messina – che questi eventi non vadano sottovalutati. L’indicazione di massima per la popolazione è che, quando si avverte un terremoto in zone costiere, non potendo conoscere l’epicentro, che quindi potrebbe anche essere stato in mare aperto, bisogna assolutamente evitare di dirigersi in spiaggia. Ricordo il caso del terremoto di Messina del 1908 dove alla forte scossa di terremoto che già aveva procurato distruzione, è seguita un’onda di maremoto tale che le persone che si erano “riparate” sulla spiaggia vennero travolte. In Italia non bisogna sottovalutare il pericolo tsunami e nel caso in cui ci si dovesse accorgere di un ritiro improvviso della linea di riva, questo può essere il segnale che si sta per verificare un fenomeno anomalo preceduto da un ritiro del mare. La spiaggia diventa molto più estesa, però questo fenomeno potrebbe essere seguito da un’onda devastante. Sono tutti segnali che la popolazione dovrebbe conoscere; poi magari non succede nulla perchè possono essere fenomeni temporanei e locali, ma nel dubbio è meglio ritirarsi nell’entroterra, possibilmente in zone elevate, in modo tale che se dovesse arrivare uno tsunami la popolazione sarà al riparo“.