Tumori, cervello tricolore in Usa: costretto a dire no ai pazienti italiani

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Da quando il team l’ha identificata come causa del 3% dei casi di glioblastoma, il più aggressivo e letale dei tumori al cervello, la fusione di Fgfr3 e Tacc3 ha assunto le sembianze di un ‘jolly’: presente nelle stesse percentuali anche in altre neoplasie umane, può diventare il ‘tallone d’Achille’ da attaccare. Su questa base sono partiti diversi studi, ‘basket trial’ che includono pazienti con tumori diversi accomunati dalle stesse alterazioni genetiche, in Francia e negli Usa. E i malati italiani? “Continuo a ricevere migliaia di richieste dal mio Paese per trattamenti innovativi basati sulle nostre ricerche che purtroppo non sono al momento possibili in Italia”, spiega all’AdnKronos Salute Iavarone che è nel Belpaese per meeting e conferenze in diverse città (compresa una lectio magistralis nella sua Benevento), e oggi a Roma ha ricevuto in una cerimonia al Senato il Premio internazionale Guido Dorso. Le strade per i connazionali malati sono quasi sempre sbarrate “perché il più delle volte manca il punto di partenza: le analisi genetiche approfondite che permettono di accertare la presenza della fusione genica incriminata e di altre alterazioni nei tumori più complessi, fornendo cosi queste e altre possibilità di cure personalizzate”.

E’ il motivo, sottolinea, “per cui è stato difficile almeno finora riuscire a consentire che anche pazienti italiani potessero partecipare a questi trial. Lo studio approfondito dei tumori è la base. Ci possono essere svariate alterazioni e alcune possono essere bersagliate da diversi tipi di farmaci. Il concetto della medicina di precisione è proprio questo: cercare molti tipi di alterazioni, e identificare quelle bersagliabili, è cruciale quando i pazienti sono in fase avanzata e le opzioni terapeutiche ridotte. Oggi con le tecnologie di ‘next generation sequencing’ è possibile farlo anche con una certa facilità. In realtà come gli Usa per alcuni centri sono diventate quasi analisi standard”. Parola d’ordine: ‘big data’ del cancro.

Ci sono nuove tecnologie che i centri di ricerca più all’avanguardia nel mondo utilizzano. “Le cose sono andate avanti – dice Iavarone – Si sta comprendendo che esclusivamente con le analisi genetiche non si riesce a dare una risposta efficace alla maggior parte dei tumori incurabili. E’ necessario associare altri strumenti. Per esempio la preparazione di alcuni modelli cellulari, gli ‘organoidi tumorali’, ottenuti facendo crescere in vitro le cellule neoplastiche prelevate dal paziente in sala operatoria. Una volta generati possiamo in poche settimane usare questi organoidi, che mantengono la struttura originale del tumore, per testare direttamente i farmaci selezionati in base alle analisi genetiche e determinare quali funzionano meglio”.

Perché finora, sottolinea lo scienziato, “le reali attività efficaci si sono viste in percentuali basse di pazienti (spesso altamente pretrattati), circa il 10-15%. Per aumentare la portata della terapia personalizzata su basi genetiche è importante dunque associare altri tipi di informazioni come quella che arriva dai cosiddetti ‘avatar tumorali’, utilizzabili per screening farmacologici personalizzati. Questa è la direzione verso cui sta andando la ricerca, il futuro della medicina di precisione sul cancro – puntualizza – in cui ogni tumore diventa un progetto specifico da studiare in maniera approfondita solo in grandi centri di ricerca”, ad alto impatto tecnologico, “come speriamo possa essere in Italia lo Human Technopole”, in rampa di lancio a Milano nell’area che ha ospitato l’Expo.

L’importante, per Iavarone, “è che non venga risucchiato dentro logiche non meritocratiche che spesso in Italia hanno bloccato il volo di opportunità sulla carta in grado di dare una svolta. Va dunque coinvolta la comunità globale di scienziati cercando di attrarre, parlando un linguaggio internazionale, i migliori del mondo nel settore dei big data, e più nello specifico dei big data del cancro che stanno avendo la maggiore espansione sul fronte dell’utilizzo clinico”. Per riuscirci “servono trasparenza nelle assunzioni e progetti di valore – avverte – e in cima alla gerarchia dell’Istituto nomi al top in grado di diventare un richiamo, dei punti di riferimento. Spero che Iain Mattaj”, il biologo scozzese diventato direttore dello Human Technopole, “sia la persona giusta per far prendere la direzione migliore al progetto”.

La sfida sarà anche “intercettare finanziamenti internazionali. Un Paese serio dovrebbe comprendere che il settore dell’innovazione biomedica e della medicina personalizzata è fra quelli in maggiore espansione economica – ammonisce Iavarone – Molti in Europa e Asia stanno investendo. L’Italia è apprezzata da tutti all’estero, per convincere i grandi investitori che finora non hanno mostrato grande interesse a scommettere sul Paese serve credibilità internazionale e iniziative serie”.

Per l’esperto anche le notizie sulla volontà espressa dal patron di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, di realizzare un grande polo di ricerca, non solo clinico, sull’Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano sono interessanti. Quanto a un suo ritorno nel Belpaese (a cui Iavarone resta “emotivamente legato”), l’idea non è del tutto indifferente allo scienziato. “Certo che vorrei dare un contributo, ma in un contesto diverso rispetto a quello che finora c’è stato”. In patria, intanto, le aspettative sulle sue ricerche sono alte. Fra i pazienti e le persone in generale – basti pensare che un video sul lavoro suo e di Lasorella realizzato da Fanpage è stato visto da oltre 4,3 milioni di persone – ma anche fra i medici. “Molto dipenderà dai risultati degli studi che verranno pubblicati e speriamo siano positivi. Mi auguro si arrivi ad avere un quadro chiaro al massimo in 1-2 anni”.

La fusione genica scoperta “è diventata interessante anche per le compagnie farmaceutiche – riferisce – Ci sono vari composti che vengono sperimentati. Noi stiamo lavorando con le aziende che producono i farmaci che pensiamo siano più efficaci”. In particolare, “stiamo studiando a livello preclinico, negli animali e nelle cellule prelevate dai pazienti, il primo inibitore irreversibile di Fgfr (tas120 prodotto da Taiho), e stiamo iniziando a trattare pazienti a Parigi. Nel caso del glioblastoma, c’è la sfida aggiuntiva di capire quali composti siano in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica. Mentre in generale un altro aspetto su cui lavoriamo è come aggirare il rischio che a un certo punto si sviluppi resistenza a questi trattamenti. Dalla ricerca – conclude Iavarone – abbiamo osservato che una via per migliorare le risposte cliniche può essere associare altri tipi di farmaci, in particolare gli inibitori del metabolismo mitocondriale, con l’obiettivo di agire a diversi livelli, interrompere la produzione di energia e fermare la crescita tumorale”.

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