Il Festival del Cinema di Venezia, una delle più prestigiose rassegne cinematografiche al mondo, da sempre premia con la “Coppa Volpi” gli attori e le attrici che più si distinguono nell’interpretazione dei film in concorso, ma a chi è intitolato questo importante premio?
Lui è Giuseppe Volpi conte di Misurata, uno degli “inventori” della Mostra, come del Polo industriale di Porto Marghera; massone, ministro di Benito Mussolini fascista, antifascista (finanziò segretamente la resistenza), nel 1905 investe tutti i suoi soldi, fatti con importazione del tabacco, nell’energia elettrica che in quel periodo era il futuro, fonda la SADE “Società Adriatica di Elettricità”.
La SADE è la società, che ideò, progetto e realizzò la diga del Vajont, responsabile di una delle più grandi tragedie causata dall’uomo nella storia dell’umanità.
Il 9 Ottobre 1963 alle ore 22:39 si stacca un pezzo di montagna lungo 2 chilometri. Oltre 270.000.000 di metri cubi di terra e fango si riversano nell’invaso della diga più alta del mondo creando un’onda alta oltre 200 metri che sfiora i paesi di Erto e Casso e travolge radendo al suolo Longarone, quella sera morirono 2018 persone 418 delle quali non sono mai state ritrovate.
Ma procediamo con ordine, siamo nella prima metà del secolo scorso, intorno al 1940, l’energia elettrica è la gallina dalle uova d’oro, tutta l’Italia si sta elettrificando, la richiesta è alta, soprattutto nel nord est che inizia ad industrializzarsi.
La Sade cerca un luogo dove realizzare un invaso per produrre energia idroelettrica. Individua l’invaso del torrente Vajont che aveva la conformazione ideale per realizzare la diga, inoltre, a monte aveva un ampia vallata per il bacino.
Il momento storico è particolare il 18 novembre 1935 a causa del fascismo il Consiglio delle Società delle Nazioni aveva condannato l’Italia con delle sanzioni economiche, approvate da 50 stati, le sanzioni prevedevano anche l’embargo, la paura dell’embargo e quindi dell’esaurirsi di fonti energetiche importate, insieme alla spinta propagandistica, determinata dal fatto che si voleva costruire in Italia la diga più alta del mondo, consenti al progetto di avere l’appoggio incondizionato del governo di Mussolini. I due progettisti scelti erano l’Ing Carlo Semenza ed il Geologo Dal Piaz.
Nello scegliere l’ubicazione però nessuno pensò a verificare la stabilità dei versanti dell’invaso, un lato della forra era costituito dal monte Toc che in dialetto locale significa “pezzo”, in friulano significa “guasto”, “avariato”, “sfatto”, “zuppo”, “marcio” nessuno pensò che quel nome attribuito al monte poteva avere, come sempre capita, un significato reale.
Nel 1956, senza autorizzazione, iniziano i lavori, nel 1957, un anno dopo l’inizio effettivo dei lavori, il Ministero dei Lavori Pubbici esamina il progetto “Grande Vajont” e afferma che: la grandiosa diga del Vajont trova sicure possibilità tecniche di realizzazione date le naturali caratteristiche della valle, determinata dal concorso di eccezionali e favorevoli caratteristiche morfologiche e geognostiche, nel 1959 la diga è finita.
Intanto in Italia si prospetta la nazionalizzazione dell’energia elettrica, la diga è di proprietà della SADE, dovrà essere venduta all’ENEL ma, senza collaudo, questo non può avvenire.
Si accelerano i tempi, si chiede l’autorizzazione a riempire l’invaso per il collaudo, ma i nuovi tecnici incaricati iniziano ad accorgersi dei problemi esistenti: i geologi Franco Giudici ed Edoardo Semenza (figlio dell’Ing. Semenza) dicono ”Sotto il mote Toc esiste un enorme massa in movimento, si possono staccare frane a ripetizione, soprattutto riempiendo e svuotando l’invaso della diga”.
L’autorizzazione arriva il 9 Febbraio del 1960 (anche se la SADE inizia a riempire il 2 Febbraio) ma riempire l’invaso è pericoloso a causa delle condizioni geologiche del terreno, costituito da materiale detritico molto permeabile poggiato su un letto di argille.
Riempiendo l’invaso si rischia di imbibire impropriamente il terreno appesantendo il materiale di copertura e rendendo plastiche le argille sottostanti, così le argille fungerebbero da cuscinetto favorendo il movimento franoso che già si è staccato con un’area di distacco a forma di M.
Quanto detto è confermato dalle avvisaglie mandate dal monte TOC: prima con piccole scosse sismiche e poi con una prima frana, il 4 novembre 1960 una massa di circa 800.000 metri cubi di materiale si stacca a 600 metri a monte della diga, in località Piano della Pozza, creando un’onda di 2 metri che, all’impatto con la superficie della diga si solleva fino ad un’altezza di 10 metri. Non si registrano danni, ma il fatto era un monito fin troppo evidente.
Ma la SADE continua a riempire l’invaso, un altro geologo, Leopold Muller, nel 1961, dice “Non possono esistere dubbi su questa profonda giacitura del piano di slittamento. Il volume della massa di frana deve essere quindi considerato circa 200 milioni di metri cubi. La sola misura possibile è l’abbandono del progetto”.
Il mio collega geologo capì anche che la nicchia era a forma di M da allora la forma di quell’area di distacco è ricordata come la M di Muller, ma allora, come adesso (non è cambiato niente), i geologi non erano ascoltati.
Dal 15 al 28 febbraio 1962 si verificarono cinque forti scosse di terremoto causate dal movimento della massa di terreno, il 19 dicembre nasce ufficialmente l’ENEL e così la SADE accelera vuole dimostrare che la diga funziona e che chi è contro la diga non è leale, in quel periodo tra i giornalisti solo Tina Merlin cerca di avvisare tutti e parla della pericolosità della diga del Vajont, i sostenitori della diga la accusano di turbare l’ordine pubblico, alcuni suoi colleghi come Indro Montanelli, essendo contrario alla nazionalizzazione dell’energia, gli diete della sciacalla, lei dopo il disastro disse “Magari fossi riuscita a turbare l’ordine pubblico”.
La SADE riempie l’invaso e vuole arrivare a quota 715 m, ma, come molti avevano detto, superare i 655 era molto pericoloso le masse in gioco sarebbero state troppo grandi.
L’8 Ottobre 1963 la frana si muove a vista d’occhio, si inizia a svuotare, ma è troppo tardi il 9 Ottobre 1943 alle ore 22:39 si stacca un pezzo di montagna lungo 2 chilometri.
Oltre 270.000.000 di metri cubi di terra e fango si riversano nell’invaso della diga più alta del mondo creando un onda alta oltre 200 metri che sfiora i paesi di Erto e Casso e travolge e rade al suolo Longarone.
Si genera un’onda di piena che provoca una serie di danni e vittime anche più a valle lungo il fiume Piave.
Alla fine si contarono 1.917 vittime ma la diga è ancora lì per ricordare tutto quello che è successo, ingegneristicamente è un’opera perfetta!!!
Perché non ascoltiamo i geologi? Ancora oggi succede! Dobbiamo riflettere sull’importante ruolo di chi conosce il territorio meglio di chiunque altro.
Per quello che può valere, voglio ringraziare Marco Palolini che ha fatto conoscere a tutti questa immane tragedia che, altrimenti, sarebbe stata dimenticata.