“Ci sono tragedie che non possono essere mai archiviate ed una di queste è il Vajont: abbiamo il dovere di piangere le vittime ma soprattutto di tenere bene a mente le responsabilità. Un’ondata spaventosa di fango travolse e uccise quasi 2 mila persone, di queste un quarto erano bambini e ragazzi ma non fu una calamita’. E’ stata una tragedia annunciata, temuta e negata fino all’ultimo anche da chi doveva controllare“: lo ha dichiarato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia alla vigilia del 55° anniversario dell’ondata generata la notte del 9 ottobre 1963 dalla frana del monte Toc che, precipitando nel bacino creato dalla diga del Vajont, travolse case e abitanti di Longarone, Castellavazzo, Codissago, Erto e Casso.
“I veneti non possono, non vogliono e non devono dimenticare quelle giornate tragiche. Come ci ricordano gli scatti immortali di Bepi Zanfron, l’impavido fotografo bellunese alla cui memoria quest’anno e’ stato assegnato il primo premio giornalistico, quelle furono le giornate della grande e immensa solidarieta’ e della volonta’ di ricostruzione, ma anche della vergogna nazionale per un disastro ambientale e umano, che poteva essere evitato“. “Fare memoria di quella tragedia significa – conclude il presidente del Veneto – assumere la consapevolezza che l’interesse del territorio non puo’ mai essere piegato a quello degli affari e che la salvaguardia delle persone e dell’ambiente e’ la prima responsabilita’ della ‘buona’ amministrazione e della ‘buona’ politica. Un impegno che oggi per noi si traduce nel piano di piccole e grandi opere avviato dal 2010 per la messa in sicurezza del Veneto e soprattutto, in un diverso modo di pensare ai grandi interventi infrastrutturali, che devono – sin dai primi calcoli progettuali – anteporre sicurezza e prevenzione“.