Vesuvio, quali strumenti per evitare un cataclisma

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Il Vesuvio, la baia di Napoli, il golfo: il più bel panorama al mondo che da sempre ha attratto visitatori e per la fertilità dei suoli vulcanici, ricchissimi di potassio, ha attratto intere popolazioni che si sono insediate ed hanno deciso di vivere alle pendici del vulcano.

Oggi è uno dei territori più popolati al mondo: Portici, cittadina a pochi chilometri da Napoli, con i suoi 55.000 abitanti per soli 4 Km2 è la città con la densità di popolazione più alta al mondo dopo Hong Kong.

La Protezione Civile ha stimato che se tutti gli abitanti di Portici scendessero nello stesso momento in strada non ci entrerebbero.

Una delle strade più popolate di Portici: Via Leonardo Da Vinci

Ma il Vesuvio è un vulcano attivo con delle caratteristiche molto particolari, infatti, è classificato come “strato vulcano”, un vulcano cioè contraddistinto da un alternanza di fasi di effusione lavica e periodi esplosivi.

Le eruzioni effusive non sono pericolose ed il Vesuvio per molto tempo ha attraversato questa fase di “tranquillità”-

Gli eventi esplosivi sono invece pericolosi e, in riferimento al Vesuvio; quelli conosciuti nella storia del vulcano sono solo tre: nel 79 dC, nel 472 dC e nel 1631.

Veduta della città di Sorrento con lo sfondo del Vesuvio con il pennacchio (1860)

L’attività vulcanica compresa tra il 1631 ed il 1944, anno dell’ultima eruzione, è stata di tipo effusivo, con la tipica attività del vulcano in condizioni di condotto aperto, prova ne era il pennacchio di fumo che contraddistingueva il vulcano e la città di Napoli.

Le eruzioni da ricordare sono quelle del 1717, del 1766, del 1794, del 1822, del 1861, del 1906 e infine 1944; i periodi di riposo sono durati al massimo sette anni.

Questa lunghissima fase di “tranquillità” del vulcano con eruzioni, se pur continue, tranquille e poco pericolose, ha “illuso” e dato fiducia alle popolazioni che per le peculiari caratteristiche dell’area hanno deciso di mettervi le radici.

L’ultima eruzione, avvenuta il 18 Marzo del 1944, ha causato l’ostruzione del condotto vulcanico, conseguente al crollo di parte del cono di scorie centrale.L’ostruzione del condotto ha interrotto la fase effusiva attivando la fase esplosiva del Vesuvio, la prossima eruzione sarà simile a quella che ha distrutto il monte Somma vecchio edificio vulcanico dell’area.

Questo scenario prevede la formazione di una colonna eruttiva alta diversi chilometri, la caduta di bombe vulcaniche e blocchi nell’immediato intorno del cratere e di particelle di dimensioni minori – ceneri e lapilli – anche a diverse decine di chilometri di distanza, nonché la formazione di flussi piroclastici che scorrerebbero lungo le pendici del vulcano per alcuni chilometri ad una velocità superiore ai 100 Km/h.

È evidente quindi la necessità di studiare e monitorare questo vulcano, il fine principale di qualsiasi studio in area vulcanica deve essere quello di minimizzare gli effetti sulle persone e sui beni che l’attività vulcanica può causare.

La difesa contro il pericolo di un’eruzione è da valutare in modo specifico, tenendo presente le caratteristiche peculiari relative a ciascun vulcano: morfologia, tipo di attività, insediamenti abitativi.

La sola possibilità di riconoscere lo stato anomalo di un vulcano quiescente oggi risulta essere il monitoraggio continuo:

  • del suolo (superamento del tasso medio annuale di deformazione, comparsa di fratture al suolo);
  • del campo gravitazionale (anomalie locali improvvise);
  • della sismicità (comparsa di eventi a lungo periodo e di tremore sismico, anomalie nelle caratteristiche di accadimento degli sciami sismici, superamento della magnitudo massima dei terremoti vesuviani osservata nell’attuale fase di quiescenza);
  • dei parametri geochimici: sia dei fluidi fumarolici che delle acque di falda, dell’atmosfera e dei suoli (Superamento della temperatura di 100-105° C alle fumarole, aumento del flusso di CO2 dal suolo in area craterica, aumento del flusso di vapore e gas in superfici, aumento della radianza termica misurata in continuo dell’area craterica; variazioni chimiche e isotopiche nei gas fumarolici, nelle sorgenti e nei pozzi d’acqua indicative di un forte aumento dell’input di fluidi magmatici, aumento di elementi chimici indicatori come il Boro ed il Cloro).

Per realizzare una previsione a lungo termine dell’attività vulcanica si rende necessario lo studio dei meccanismi eruttivi, intesi a comprendere la magnitudo delle eruzioni , la distribuzione areale dei prodotti ed il tipo di meccanismo de posizionale.

L’attuale stato di conoscenza che si evince dall’analisi di questi parametri ha permesso di simulare eruzioni future realizzando una zonizzazione del territorio in funzione del livello di pericolosità.

La zona rossa, quella più vicina al vulcano, è considerata la più interessata ai flussi piroclastici, tanto che il piano prevede l’evacuazione di tutti i 600 mila residenti prima dell’eruzione.

Il pericolo nella zona gialla, invece, è principalmente determinato dalla caduta di cenere e piccole rocce. Le amministrazioni dovrebbero attendere l’inizio dell’eruzione e valutare la direzione del vento prima di ordinare l’evacuazione delle aree sottovento del vulcano.

Infine, la zona blu, il cui rischio è determinato da inondazioni e colate di fango provocate dall’eruzione, sarebbe evacuata secondo lo stesso piano.

Per consentire l’elaborazione delle pianificazioni di emergenza sono stati individuati specifici “livelli di allerta” i livelli di allerta sono individuati sulla base della combinazione di parametri di monitoraggio e di dati relativi a eventuali eventi in corso.

Sono rappresentati attraverso quattro colori – verde, giallo, arancione e rosso – che sono indicativi della possibile evoluzione dello stato di attività del vulcano verso scenari di evento “di rilevanza nazionale” che richiedono cioè di essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, attraverso l’intervento coordinato di una pluralità di soggetti (art.2, comma 1 lettera c della legge 225/92).

I livelli di allerta sono dichiarati dal Dipartimento della protezione civile, in stretto raccordo con le rispettive strutture di protezione civile regionali, sentito il parere, se i tempi e le modalità di evoluzione delle fenomenologie vulcaniche lo consentono, della Commissione Grandi Rischi – Settore Rischio Vulcanico.

In raccordo con la Regione Campania, il Dipartimento della protezione civile ha elaborato un modello di intervento da attivare in caso di passaggio dall’attuale stato di equilibrio (verde) ai livelli di allerta giallo, arancione e rosso, con la conseguente attivazione delle diverse fasi operative (attenzione, pre-allarme e allarme). Il modello definisce, in particolare, l’organizzazione del Servizio Nazionale della Protezione Civile per lo svolgimento delle attività operative necessarie a gestire eventuali eventi emergenziali (dall’attivazione del Comitato operativo, alla strutturazione della Di.Coma.C e dei centri operativi e di coordinamento sul territorio). Tale documento è già stato condiviso con le componenti e le strutture operative di protezione civile e, a breve, sarà ufficializzato in uno specifico documento che ne definirà i dettagli.

Bibliografia

Il Contenuto di Boro e Cloro nelle falde acquifere delle aree vulcaniche napoletane correlazione con il loro stato di attività (tesi di Laurea A.A. 1995/96 Università Federico II di Napoli Epifanio Giardina, Ernesto Guido, Teresa Saccone)

Considerazioni sul rischio Vulcanio (Lucio Lirer dipartimento di Geofisica e Vulcanologia Università Federico II di Napli)

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