Se amiamo il caffè è perché sta scritto nel nostro Dna: gli esseri umani, in genere, associano il gusto amaro ad potenziale pericolo e dunque tende a non consumare alimenti amari, ma alcuni geni riescono a renderci più o meno sensibili a questo sapore, influenzano le nostre preferenze nei confronti di caffè, tè e alcol. A questa conclusione è giunto uno studio guidato dall’Istituto di ricerca medica QIMR Berghofer, in Australia, e pubblicato sulla rivista Scientific Reports, che ha preso in esame oltre 400.000 partecipanti. I ricercatori, guidati da Jue-Sheng Ong e Liang-Dar Hwang, hanno analizzato le varianti genetiche associate alla percezione di tre diverse sostanze amare: il propiltiouracile o Prop, usato anche come farmaco antitiroideo; il chinino, che ha proprietàantimalariche, antipiretiche e analgesiche; la caffeina.
Lo scopo della ricerca era quello di individuare e quantificare gli effetti della diversa percezione dell’amaro sul consumo di caffè, tè e alcol. I ricercatori hanno dunque scoperto che una maggiore sensibilità all’amaro della caffeina, dovuta alla presenza nel nostro organismo di specifici geni, è associata ala causa di un maggiore consumo di caffè e di una maggiore probabilità di essere bevitori assidui di questa bevanda. La sensibilità più alta per Prop e chinino, invece, ha come conseguenza il consumo abituale di tè. In merito all’alcol, lo studio ha evidenziato come la maggiore percezione del Prop sia associata a consumi più bassi di bevande alcoliche, e viceversa: ad una minore percezione del Prop equivale in più alto consumo di alcolici.