L’alimentazione svolge un ruolo determinante nella cura dei pazienti affetti da Parkinson, e sulla loro qualità di vita. La dieta, infatti, influisce su molti aspetti legati alla salute, primo tra tutti il metabolismo, responsabile, tra le altre cose, anche dell’assorbimento dei farmaci. Per aiutare i pazienti parkinsoniani ad intraprendere il miglior regime alimentare nasce la collaborazione tra le biologhe nutrizioniste dottoresse Emiliana e Teresa Pesce e l’associazione PGR – Parkinson Giovanile Roma.
Il progetto sarà presentato domenica 18 novembre 2018, alle 12:30, presso lo studio delle dottoresse Pesce, in Piazza Euclide 47, a Roma, e vedrà il coinvolgimento di diverse figure al fianco delle due nutrizioniste, come psicologi, neurologi, fisiatri e insegnanti di yoga. L’obiettivo della collaborazione è quella di trattare il paziente a 360 gradi, insegnando i giusti comportamenti utili a migliorare il trattamento della patologia e a rallentarne il decorso.
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, il suo decorso può essere più o meno rapido in base al ceppo della patologia, ma è sempre invalidante, e comporta una maggior probabilità di causare danni se insorge in età giovanile (anche intorno ai 30-35 anni), segnando definitivamente la vita del soggetto che ne è affetto.
“La nascita di questo nuovo progetto è per noi motivo di crescita scientifica, un’occasione di ricerca ma, soprattutto, una grande esperienza umana. Lavoreremo in team con altre figure specialistiche e ognuno di noi metterà le proprie competenze al servizio dei malati di Parkinson,” hanno commentato le dottoresse Pesce. “L’alimentazione è importantissima per il parkinsoniano che segue una cura farmacologica. È determinante capire bene la distribuzione dei pasti e delle macromolecole nell’arco della giornata e, soprattutto, è fondamentale tenere sotto controllo il dosaggio e la posologia dei medicinali (prima – dopo i pasti) al fine di evitare interferenze tra l’assorbimento del principio attivo e la digestione delle macromolecole alimentari. L’attenzione a queste cose si traduce in un maggiore effetto del farmaco sul soggetto e pertanto in un miglioramento della condizione del paziente. Ultimo punto, ma certo non meno importante è che il paziente parkinsoniano ha, a causa della patologia, difficoltà nella deambulazione, ed è dunque necessario avere sotto controllo il peso corporeo, conservando un indice di massa corporea (BMI) normopeso”.