Missionario ucciso dagli indigeni, l’accoglienza con una pioggia di frecce non l’ha scoraggiato: ecco cosa è successo davvero sull’isola di North Sentinel
John Allen Chau, il missionario di 26 anni che ha tentato di convertire una delle tribù più isolate del mondo, ha scritto un diario dei suoi ultimi giorni, da cui emerge la sua convinzione di proseguire nella sua missione nonostante stesse affrontando l’aperta ostilità e le minacce alla sua vita da parte della tribù. Negli estratti del suo diario, che la madre ha condiviso con il Washington Post, Chau scriveva della volontà di tornare sull’isola per continuare i suoi tentativi di conversione dopo che un indigeno lo aveva accolto con arco e frecce al momento del suo arrivo sull’isola, trafiggendo la Bibbia che portava con sé.
“Due Sentinelesi armati mi sono corsi incontro urlando. Avevano due frecce ciascuno. Ho urlato “Mi chiamo John, vi amo e Gesù vi ama”, ha scritto, indicando che subito dopo un giovane membro della tribù gli ha lanciato contro delle frecce. “Perché un bambino ha dovuto lanciarmi frecce oggi? La sua voce acuta è ancora nella mia testa”, ha annotato. Nelle pagine lasciate ai pescatori che hanno facilitato il suo arrivo sull’isola, dietro il pagamento di 325 dollari, le sue riflessioni sono una chiara indicazione del suo desiderio di convertire la tribù. “Signore, quest’isola è l’ultima roccaforte di Satana in cui nessuno hai mai udito o non ha nemmeno avuto la possibilità di udire il tuo nome? Cosa li rende così ostili e sulla difensiva?”, scriveva.
Dai suoi appunti si deduce che sapeva che il suo viaggio fosse illegale, descrivendo come la piccola imbarcazione lo avesse trasportato sull’isola, eludendo la sorveglianza: “Dio ci ha nascosto dalla Guardia Costiera e da molte pattuglie”. Tutte e 7 le persone che hanno agevolato il suo viaggio sono state arrestate, tra cui un amico di Chau e una guida turistica locale. Dependra Pathak, direttore generale della polizia delle isole Andamane e Nicobare, ha dichiarato che Chau ha fatto diversi viaggi verso l’isola, tornando alla barca dei pescatori almeno due volte. Secondo le autorità Chau è arrivato nell’area il 16 ottobre, soggiornando su un’altra isola mentre si preparava al viaggio verso North Sentinel. Non era la prima volta che visitava le Andamane: ci era già stato nel 2015 e nel 2016. “La barca si è fermata a 500-700 metri dall’isola e Chau ha utilizzato una canoa per raggiungere la spiaggia. È tornato indietro nella stessa giornata con ferite da frecce. Il 16 (novembre, ndr) gli indigeni hanno distrutto la sua canoa. Quindi è tornato alla barca a nuoto. Non è più tornato indietro il 17; i pescatori hanno poi visto gli indigeni trascinare il suo corpo”, ha dichiarato Pathak.
Mentre era a bordo, ha scritto una nota finale alla sua famiglia: “Potreste pensare che sono pazzo a fare tutto questo ma credo che sia giusto proclamare Gesù a queste persone. È strano, anzi no, è naturale: ho paura, ecco l’ho detto. Sono anche deluso e insicuro. Dio, io non voglio morire. Sarebbe più saggio andare via e lasciare che qualcun altro continui? No, non credo. Per favore, non siate in collera con loro o con Dio se verrò ucciso. Vi amo”. Nonostante i pescatori abbiano dichiarato di aver visto gli indigeni trascinare e poi seppellire il corpo di Chau, la madre, Lynda Adams-Chau, ha dichiarato che crede che sia ancora vivo e alla domanda sul perché, ha risposto “le mie preghiere”. Le autorità indiane stanno cercando di trovare un modo per recuperare il corpo di Chau senza disturbare la tribù. Una squadra di polizia e altre autorità ha lanciato una seconda spedizione via mare sull’isola con l’aiuto di due degli arrestati per comprendere la rotta che ha seguito e le circostanze della sua morte. Sembrerebbe che siano riusciti a mappare l’area dell’isola in cui gli indigeni avrebbero seppellito il corpo. Durante questa visita, gli investigatori a bordo di un’imbarcazione hanno avvistato 4-5 Sentinelesi da una distanza di circa 500 metri e ne hanno studiato il comportamento per diverse ore. “Abbiamo identificato più o meno il sito e l’area in generale”, ha dichiarato Pathak.
In un post su Instagram, intanto, la famiglia ha scritto di aver perdonato i membri della tribù che l’hanno ucciso: “Le parole non riescono ad esprimere la tristezza che abbiamo vissuto dopo questa comunicazione. Lui amava Dio, la vita, aiutare coloro che avevano bisogno e non aveva nient’altro che amore per i Sentinelesi. Perdoniamo coloro che sono ritenuti i responsabili della sua morte. Chiediamo anche il rilascio degli amici che aveva nelle Andamane. Si è avventurato di sua spontanea volontà e i suoi contatti locali non devo essere perseguiti per le sue azioni”.
Chau era un avventuriero del sud-ovest dello stato di Washington. Aveva frequentato la Vancouver Christian High School e si era laureato presso la Oral Roberts University di Oklahoma nel 2014. Lì aveva presso parte alle missioni dell’università. “Non ho mai conosciuto un uomo e un amico più coraggioso, altruista e caritatevole. John ha vissuto e ha dato la sua vita per condividere l’amore di Gesù con tutti”, ha dichiarato Bobby Parks, che gestisce “More Than a Game”, associazione non-profit per bambini svantaggiati, in cui Chau era coinvolto. Nel 2014, il giovane si era recato nella regione del Kurdistan, nell’Iraq del nord, per aiutare giovani rifugiati siriani e iracheni, ha dichiarato Parks. Ha anche lavorato con bambini rifugiati birmani a Tulsa, Oklahoma, per diversi anni.
Casey Prince, di Città del Capo (Sudafrica), ha conosciuto Chau 5 anni fa. Ha raccontato che Chau era gentile, gioioso e guidato da una doppia passione: l’amore per l’avventura e la fervente cristianità. Amava scalare le montagne, accamparsi in posti isolati, fare canottaggio e vedere il mondo. “Era un esploratore nell’animo”, ha detto Prince. Ha aggiunto, inoltre, che Chau accettava i pericoli che derivavano dai suoi viaggi. “Se si prendeva un rischio, ne era molto consapevole”. Sembra che abbia lavorato per anni da solo in questo suo progetto di diffondere il Cristianesimo nell’isola di North Sentinel, senza alcuna organizzazione che lo abbia inviato con questo scopo.
L’isolamento di North Sentinel
I Sentinelesi vivono in completo isolamento sull’isola remota dell’arcipelago delle Andamane e si ritiene che lo abbiano fatto per decine di migliaia di anni. La tribù e la sua terra sono protette dalle leggi indiane per preservare il loro modo di vivere e proteggerli dalle malattie moderne a causa della loro mancanza di immunità. Rappresentano alcune delle ultime persone sulla Terra i cui modi di vita rimangono totalmente inalterati dalla civiltà moderna. L’isola è un’area protetta a cui le persone non possono avvicinarsi a meno di 5km, dopo i comportamenti aggressivi dimostrati nei confronti di altri estranei alla tribù. Chau, purtroppo, non è la prima vittima dei Sentinelesi. Nel 2006, i membri della tribù uccisero due pescatori che stavano pescando illegalmente nelle acque intorno all’isola dopo che la loro barca era stata trascinata a riva dalla corrente. Due anni prima, dopo il devastante tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano, un membro del gruppo è stato fotografo su una spiaggia dell’isola mentre lanciava frecce contro un elicottero inviato a controllare le loro condizioni.
In realtà, il fatto che i pescatori che hanno aiutato Chau siano stati testimoni di quanto successo suggerisce che più persone sono in contatto con la tribù sentinelese, il che significa che North Sentinel non è proprio così isolata dal mondo. I 7 arrestati sono accusati dell’omicidio di Chau, avendo favorito il suo arrivo sull’isola, mentre gli indigeni non possono essere accusati dal momento che il contatto con loro è severamente vietato.
È davvero difficile dire qualcosa su quanto accaduto o parlare di giustizia per tutte le parti coinvolte nella situazione, ma quel che è certo è che Chau non meritava un simile destino. È triste pensare che alcuni degli indigeni più protetti e meno influenzati del mondo abbiano fatto qualcosa che potrebbe sconvolgere milioni di persone nel mondo, quelle stesse persone con cui rifiutano qualsiasi contatto. È una situazione surreale: rispettare lo stile di vita degli indigeni mentre loro non rispettano nessuno di quelli che incontrano, che è probabilmente ciò che li ha fatti sopravvivere per tutti questi anni.