E’ entrato nel vivo il processo a Marco Cappato e Mina Welby, rispettivamente tesoriere e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, comparsi questa mattina dinanzi alla Corte d’Assise di Massa per la prima vera udienza del processo per la morte di Davide Trentini, malato di Sla di 53 anni deceduto lo scorso anno in Svizzera. Insieme a loro anche i familiari dell’ex barista toscano, come la mamma, la sorella e l’ex fidanzata. La prossima udienza si terrà il 14 gennaio prossimo, alle 9.30, per l’esame degli imputati.
“Oggi sono stati escussi i testi del pm e della difesa – ha dichiarato l’avvocato Filomena Gallo, segretario Associazione Coscioni e coordinatore del collegio legale di difesa di Welby e Cappato – Dalle parole di questi ultimi emerge il brutto quadro di una realtà italiana eccessivamente punitiva per chi è vittima di patologie irreversibili e desidera porre fine a terribili sofferenze: dover andare in esilio a morire all’estero, lontano da casa; affrontare un viaggio lungo, faticosissimo, per il quale necessitano migliaia di euro e agire nella clandestinità. Alla malattia di Davide si è aggiunta la tortura imposta dallo Stato e dalle sue inutili proibizioni: una serie di ulteriori punizioni che vogliamo eliminare”.
Come per l’assistenza offerta a Dj Fabo, Cappato, questa volta insieme a Mina Welby, sarà chiamato a rispondere del reato di istigazione e aiuto al suicidio, sotto forma di concorso. “Un procedimento basato sulle indicazioni comprese da un Codice risalente al periodo fascista, prima ancora della nascita della Costituzione, quando le libertà individuali non avevano vissuto la primavera dei diritti civili – ha ricordato Gallo – Infatti, moltissimi articoli di quel Codice sono stati poi aboliti per adeguare la nostra normativa penale allo spirito del tempo”.
A conclusione dell’analogo processo che coinvolge Cappato per l’assistenza al suicidio assistito offerto a Dj Fabo, la Corte Costituzionale ha dato un termine al Parlamento per emanare una legge. Si tratta di una sentenza senza precedenti – si ricorda – dovuta alla rilevazione che l’attuale assetto normativo concernente il fine vita “lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”.
Il processo presso la Corte d’Assise di Massa seguirà il suo corso naturale, nonostante l’ordinanza della Corte Costituzionale, perché innanzitutto bisogna provare che non c’è stata istigazione, né rafforzamento della volontà di Davide Trentini. La Corte potrebbe condannare entrambi gli imputati o assolverli, oppure potrebbe individuare una diversa questione di costituzionalità oppure no.