Italia “patria” dell’emicrania

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Italiani popolo di emicranici. A soffrirne sono sopratutto le donne, due persone colpite su tre, tanto che l’emicrania è ormai riconosciuta come una malattia di genere. “Siamo la patria dell’emicrania ma ci curiamo male perché è scambiata ancora per il sintomo, ma l’emicrania non è il segnale d’allarme di qualcosa che non va, è in se stessa una malattia che costa al Paese 20 mld di euro l’anno. Riconoscerla come tale, una patologia invalidante, vuol dire fa emergere anche quel 20% di persone che oggi si rivolge da improbabili guaritori e non va dal medico. Solo il 5-10% degli emicranici ricorre alle prestazioni di uno neurologo“. Lo ha spiegato all’Adnkronos Salute Piero Barbanti, direttore Unità cura e ricerca su cefalee e dolore dell’Irccs San Raffaele Pisana di Roma, tra i relatori del convegno ‘Emicrania: una malattia di genere’ promosso oggi a Roma dall’Iss.
Un miliardo di persone nel mondo soffre di emicrania e un terzo di questi ha attacchi almeno una volta a settimana – ha aggiunto Barbanti – questo si traduce in una disabilità assoluta che colpisce in maniera maggiore le donne, ben tre volte più degli uomini. In Italia il 25% della popolazione soffre di emicrania, quasi il 33% delle donne. Il problema è che sono colpite nella fascia d’età tra i 20 e i 50 anni, quella più attiva lavorativamente e socialmente. Ma la patologia inizia già in età scolastica e causa problemi di inserimento per il 14% dei ragazzi“.
Il convegno all’Iss è stata l’occasione per presentare il Libro bianco ‘Emicrania: una malattia di genere’ con all’interno una ricerca del Cergas-Bocconi sull’impatto socio-economico dell’emicrania.
La medicina di genere può aiutare le pazienti emicraniche sopratutto nella prevenzione – ha osservato il neurologo – che deve partire necessariamente dallo stile di vita, ovvero rallentare i nostri ritmi e modificare gli errori commessi. Ma anche assumere i farmaci corretti e rivolgersi agli specialisti giusti. Il Libro bianco fa emergere una riflessione molto allarmante sui costi, diretti e indiretti, dell’emicrania. Tante donne che ne soffrono, come ha dimostrato lo studio Cergas-Bocconi, vanno a comunque a lavoro ma in realtà sono ‘fuori combattimento’, questa – ha concluso Barbanti – è una manifestazione eroica di attaccamento al lavoro ma è anche il segnale che è giunto il momento di riconoscerla come malattia sociale“.

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