La solitudine, i problemi della salute tipici dell’età avanzata, la ridotta capacità economica, la morte degli amici, l’inattività, sono alcuni dei fattori che possono portare gli anziani alla depressione ed essere l’anticamera per lo sviluppo delle demenze senili. Secondo i dati della Società nazionale medica interdisciplinare cure primarie, la depressione nell’anziano “deve essere considera una situazione cronica ed è riscontrabile nel 10% della popolazione anziana e raggiunge il 40% se si considerano le forme lievi. A volte la depressione è più evidente tra i maschi ‘over 85’ che vivono soli e può provocare un evento drammatico come il suicidio“.
“La prima riflessione importante è sul rapporto tra la depressione e l’età che avanza, c’è un ruolo e il coinvolgimento di fattori di tipo medico-sociali e ambientali – spiega all’Adnkronos Salute Raffaele Antonelli Incalzi, presidente Società di gerontologia e geriatria (Sigg) – Un rapporto bidirezionale in cui chi soffre del ‘male oscuro’ si isola da tutto e da forme lievi si passa a quelle croniche. Dovremmo garantire invece un contesto che sia il più protettivo e rassicurante. Ma la frammentazione del nucleo familiare, l’egoismo sociale, la solitudine sempre più diffusa, sono elementi che fanno aumentare il rischio di depressione nell’anziano. Ci sono anche casi in cui questo isolamento porta alla patofobia, la paura di contrarre malattie. Inoltre chi soffre di depressione in età avanzata ha un rischio più elevato di sviluppare patologie degenerative quali la malattia di Parkinson, l’ictus e le demenze“.
“Probabilmente quando avviene un calo della funzionalità del cervello il disturbo dell’umore si manifesta prima dei disturbi della memoria, tipici della demenza, in particolare Alzheimer. Il più segnato dal declino indotto dall’età è il lobo frontale che è collegato all’iniziativa, la spinta a fare progetti, ed ecco dunque la depressione“, sottolinea Antonelli Incalzi.
Di fronte ad una persona anziana e depressa c’è spesso un atteggiamento molto comune quello di considerare naturale, in tarda età, una evoluzione depressiva del carattere e del comportamento. “Insomma, è diffusa l’idea che l’anziano un po’ depresso lo è perché la depressione è parte dell’invecchiamento. Questo concetto non corrisponde al vero – sottolinea l’esperto – ed è semplicemente legato all’idea non precisa che le persone possono avere della malattia depressiva. Oggi grazie a strumenti multidimensionali gli specialisti sono in grado di capire e valutare il rischio potenziale per il paziente“.
Ma come può agire la famiglia di fronte ai primi segnali di depressione dell’anziano o di comportamenti diversi dal solito? “La cosa più importante è il coinvolgimento dell’anziano nella vita familiare e affettiva: renderlo parte attiva e oggetto di cura da parte di tutti. E’ necessario, poi, che la persona segua stili di vita sani, quindi anche una blanda attività fisica e un’alimentazione equilibrata“. Oggi ci sono anche le nuove tecnologie con cui gli ‘over 75’ si trovano a dover ‘combattere’ ogni giorno, dallo smartphone ai social network. “Possono essere strumenti per ridurre la solitudine ma non devono sostituire i rapporti umani“, avverte il geriatra.
Dal 28 novembre al 1 dicembre si terrà a Roma il 63esimo congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria. “Verrà evidenziata l’interazione tra medici e professionisti dell’assistenza, considerando come loro obiettivo primario la cura dell’anziano e, visto il crescente impiego in Geriatria, saranno presi in considerazione anche corsi innovativi, come quelli sull’Ecografia toracica e sulla ventilazione non invasiva“, conclude Raffaele Antonelli Incalzi.