Agli Stati Generali della Green Economy 2018 si è parlato anche delle città italiane e della loro lenta evoluzione a green city. Nonostante alcune punte di eccellenza, esistono ancora molte zone d’ombra, tra cui l’abusivismo edilizio, il consumo di suolo, la scarsa attenzione e promozione del verde pubblico. Istituzioni, sindacati, regioni e società civile, in un panel in collaborazione con il Green City Network, si sono confrontati sul tema, presentando casi-studio di città italiane e internazionali e indicando le buone pratiche “green” che tutte le città dovrebbero adottare per facilitare la loro evoluzione verso città sostenibili.
L’azione principale che dobbiamo intraprendere per la dimensione delle green city – ha sottolineato Fabrizio Tucci, Coordinatore del GdL nazionale degli Esperti del Green City Network – che ad oggi rappresentano una realtà tutta da costruire, è fare propria la frase di Antonie Antoine De Saint-Exupéry “l’importante non è prevedere il futuro ma renderlo possibile”. Ma, perché cominciare proprio dalle città? 4 miliardi di abitanti su 7 vivono nelle città. Esse producono l’85% del PIL mondiale; erodono il 75% delle risorse; più dell’80% dei suoli sono sigillati in modo impermeabile ed infine perdono il 40% dell’acqua prima di essere utilizzata. Questi sono solo alcuni dei numeri che rendono quanto mai necessario ed impellente, intervenire”.
In diverse città italiane è ancora rilevante la piaga dell’abusivismo edilizio, aumentato dal 2005 e il 2015 da 11,9 a 19,4, nel 2017. In particolare al Sud e nelle Isole resta molto alto: nel 2017, ha raggiunto il valore di circa il 50% (ogni due abitazioni legali se ne costruisce una abusiva) a fronte del 5,5% nel Nord-Est.
Il consumo di suolo, con copertura artificiale e impermeabilizzazione, in Italia continua a crescere. I primi 55 comuni meno virtuosi si trovano in Lombardia e Campania (prevalentemente nelle province di Napoli e Milano) con percentuali di suolo consumato maggiori del 55% rispetto alla superficie comunale. I valori più alti di superficie consumata si riscontrano a Roma (31.697 ettari), con una crescita di ulteriori 36 ettari nel 2017 e in molti comuni capoluogo di provincia: Milano (10.439 ettari, 19 in più nel 2017), Torino (8.546, solo 0,2 in più), Napoli (7.423 con lo 6,6% in più), Venezia (7.216 con il 37,4% in più). In termini assoluti, il 71% del maggiore consumo di suolo tra il 2016 e il 2017 è avvenuto nei comuni minori con una popolazione inferiore ai 20.000 abitanti. Per quanto riguarda il verde pubblico, nelle città presenta generalmente valori bassi: intorno al 5%, in ben 96 dei 119 Comuni capoluogo di provincia. Tra il 2011 e il 2016 nel complesso si è assistito ad una diminuzione delle aree a verde pubblico.
Parlando di mobilità, nel 2017 solo in 8 città capoluogo italiane gli spostamenti con il trasporto pubblico, a piedi e in bicicletta superano il 50% (Bolzano, Bologna, Ferrara, Firenze, Milano, Pisa, Torino e Venezia). A livello europeo Roma è la città con la maggiore percentuale di spostamenti fatti con mezzi privati (ben il 65%) a fronte del 15,80% di Parigi, il 26% di Madrid, il 30% di Berlino e il 37% di Londra.
L’Italia è anche il Paese europeo con il più alto numero di morti premature a causa dell’inquinamento dell’aria: nel 2016 il valore limite europeo per il PM10 è stato superato in 33 aree urbane, per la gran parte localizzate al Nord, e l’82% della popolazione risulta esposta a livelli medi annuali superiori al valore guida per il PM10 indicati dall’OMS.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, i livelli maggiori si riscontrano a Treviso (oltre l’87%), Belluno e Pordenone (circa 84%), Tortoli e Mantova (83%). Delle 32 province con livelli di raccolta differenziata al di sopra del target del 65%, 25 sono localizzate nel Nord Italia, solo 2 al Centro e 5 nel Sud. Inoltre, in Italia la situazione delle perdite delle reti idriche, per i 116 capoluoghi di Provincia analizzati, è ancora molto critica, con una media del 38,2% di acqua immessa in rete che non arriva all’utenza.
Infine, il 66% delle città europee analizzate ha realizzato almeno un Piano per il clima, ma solo il 26% ha realizzato un piano di adattamento, il 17% un piano congiunto per la mitigazione e l’adattamento, mentre il 33% non ha nessun piano locale per il clima