Dopo i tremendi eventi del 1738, bisogna attendere il 1791 per il verificarsi di un altro sisma in Calabria. Stavolta viene interessato il catanzarese, con epicentro nei pressi di Vazzano. Crollano molti edifici già lesionati nel 1738. Più grave quanto accade nel crotonese l’8 marzo 1832. Il terremoto, di Magnitudo 6.5, colpisce di notte e distrugge Cutro, prossimo all’epicentro. Policastro, Papanice, Marcedusa, Crotone e Catanzaro i centri più colpiti. Si verifica pure uno tsunami che allaga la costa nei pressi di Magliacane. Almeno 200 le vittime totali.
Il 12 ottobre 1835 ecco un evento che ebbe grande risonanza, grazie alla descrizione che ne fece il celebre scrittore Alexandre Dumas. Il terremoto, di Magnitudo intorno a 5.9, colpisce la zona ad Est di Cosenza. Semidistrutte le cittadine di Castiglione, S. Pietro in Guarano e Lappano. Un centinaio i morti. Non passa neanche un anno ed il 25 aprile 1836 tocca al Medio Jonio cosentino: sisma di Magnitudo 6.1, scossa principale poco dopo la mezzanotte. Evento alquanto distruttivo che causa centinaia di morti nella zona tra Rossano e Crosia. A Rossano la metà degli edifici è danneggiata in modo irreparabile mentre Crosia è rasa al suolo, gravi danni anche a Calopezzati. Si sviluppa pure uno tsunami sulla costa intorno a Capo Trionto, con le spiagge (per fortuna disabitate) invase dal mare.
Cosenza e la Valle del Crati sono protagonisti nel 1854 quando, il 12 febbraio, queste zone vengono colpite da un violento sisma, di Magnitudo stimata 6.2. Epicentro nei pressi di Donnici, completamente raso al suolo ma anche Sant’Ippolito, Paterno e Rende vedono la maggior parte dei loro edifici distrutti. Gravi danni pure a Cosenza, che allora conta circa 15mila abitanti, dove sono lesionati duomo e cattedrale. Vittime totali almeno 500. Fenomeno simile nel 1870, ancora interessata la zona ad Est di Cosenza, ma stavolta più a Sud, con epicentro a Cellara. Magnitudo 6.1, circa 200 morti ed il solito triste elenco dei paesi colpiti: Longobucco, Mangone, Aprigliano, Lazzaro, Rovella ed altri, compresa la stessa Cosenza. Danni pure sulla costa tirrenica, ad Amantea. Nel territorio si segnalano numerose frane e fessurazioni del terreno. A conferma di come la Valle del Crati sia un’area fortemente a rischio sotto l’aspetto sismico, nel 1887 si replica con un sisma che, seppur di Magnitudo relativamente contenuta (5.5), provoca numerosi danni. Fortuna vuole che i cittadini vengano svegliati all’alba da una prima scossa cui ne seguirà un’altra, dello stesso tenore, un’ora e mezzo dopo, con gli abitanti ormai fuori dagli edifici che, già lesionati dal primo sisma, vengono ulteriormente danneggiati. Il paese che subisce le conseguenze più gravi, rimanendo distrutto, è Bisignano ma anche Roggiano, S. Martino e Cervicati vedono il loro patrimonio edilizio sconvolto. Almeno un centinaio le vittime.
Un centinaio di scomparsi anche 7 anni dopo, il 16 novembre 1894 quando però stavolta ad essere colpito è l’Aspromonte occidentale, con epicentro non lontano da S. Procopio, semidistrutto. Il sisma, di Magnitudo intorno a 6.0, provoca gravi danni a Palmi, Bagnara, Seminara, Sant’Eufemia. Si sviluppa anche un leggero tsunami, risentito nello Stretto ma soprattutto nella zona di Capo Pezzo. Ancora più grave quanto accade l’8 settembre 1905, in un evento spesso sottovalutato, anche perchè “schiacciato” da quanto accade 3 anni dopo nello Stretto, ma che invece rappresenta un terremoto grave e significativo. La scossa principale si verifica alle 2.43 di notte e viene avvertita fino a Napoli ed in Albania. L’epicentro viene posizionato in mare, a largo di Pizzo, e la Magnitudo è stimata intorno a 6.9. Il sisma provoca 557 morti e ben 30mila senzatetto, con gravi ripercussioni socio-economiche sulla regione: molti abitanti, rimasti senza casa e con la ricostruzione molto lenta ed inefficace, dovranno emigrare. Associato al sisma, uno tsunami colpisce il Golfo di Sant’Eufemia e Scalea dove le onde superano i 3 metri di altezza. Viene spezzato il cavo telegrafico sottomarino che collega il continente alle Eolie. Il territorio mostra fenomeni di liquefazione dei terreni, con frane e fessurazioni, reticolo idrografico sconvolto. Oltre 300 i paesi danneggiati dalle scosse: i danni più gravi a Vibo Valentia (ancora chiamata Monteleone), in particolare nella frazione Triparni, Cessaniti, Aiello, Piscopio, S. Gregorio, Pizzo e Tropea. L’intera area circostante Capo Vaticano è colpita duramente. Alcuni paesi, come Favelloni e Martirano, saranno ricostruiti in altri siti, considerati più sicuri. Due aspetti risultano particolarmente interessanti: si notano effetti di sito legati alla natura geologica dei terreni (fabbricati edificati sul granito non subiscono danni) e la pessima qualità edilizia delle costruzioni amplifica i danni (i palazzi signorili rimangono in piedi).
La Calabria ionica meridionale viene colpita il 23 ottobre 1907 da un sisma di Magnitudo 5.9, con epicentro nei pressi di San Luca che subisce ingenti danni. Ma è Ferruzzano il paese più devastato. Lesioni anche a Motta S. Giovanni, Casalnuovo, Palizzi, Radicena, Brancaleone, Gerace, Siderno. almeno 150 vittime. Associato un piccolo tsunami tra capo Bruzzano ed il fiume Careri. Questo è niente però in confronto a quanto accade l’anno seguente, il 28 dicembre 1908: il terremoto più forte degli ultimi 200 anni in Italia, Magnitudo 7.1, colpisce lo Stretto di Messina, annientando la costa calabrese come quella siciliana. Circa 80mila morti (mai accertato il numero effettivo) e tsunami associato, con onde alte fino a 10-12 metri. Rase al suolo Messina e Reggio Calabria, gravissimi danni a Ganzirri, Pace e Villa S. Giovanni.
Sbaglia chi crede che con questo terribile evento si interrompa la storia sismica della Calabria. Non vi sono, è vero, fenomeni altrettanto eclatanti o similari però si sviluppano ancora eventi di una certa portata. Come il 7 marzo 1928 quando ad essere colpite sono nuovamente l’area di Capo Vaticano e la piana di Gioia Tauro dove si contano numerosi crolli. Il sisma, di Magnitudo 5.8, provoca gravi danni a S. Onofrio, Mileto, Soriano ed è ben avvertito a Stromboli e Messina. Di Magnitudo analoga (5.7) l’evento che l’11 maggio 1947 colpisce la costa ionica all’altezza del Golfo di Squillace. Epicentro localizzato in mare, a 15 km dalla costa. Il paese più colpito è Isca sullo Ionio dove crolla il 60% delle abitazioni e si segnalano le uniche due vittime della scossa. Molti crolli anche a Badolato, Cenadi, S. Caterina, Satriano. Questi due eventi, seppur di Magnitudo inferiore a 6.0, testimoniano a dovere la pericolosità sismica del territorio calabrese.
Non esiste infatti in Calabria, da Nord a Sud, da Est ad Ovest, un’area immune ai terremoti. Ce lo conferma anche la storia recente, degli ultimi 20 anni, quando emerge la sismicità del Pollino, la zona al confine tra Calabria e Basilicata. Qui due sciami sismici hanno portato alla ribalta la fragilità di un territorio che anche in presenza di scosse di non elevata intensità pare soggetto ad effetti significativi. Il 9 settembre 1998 inizia il primo sciame che durerà diversi mesi, fino alla Primavera seguente. Viene colpita soprattutto l’area a Nord-Ovest del Massiccio, nella porzione lucana. La scossa più forte, di Magnitudo 5.5, è compatibile con la storia sismica dell’area che non presenta eventi di magnitudo superiori a 6.0, con ipocentri generalmente superficiali. I paesi più colpiti risultano Perricchio, Rivello, Castellucchio, Lauria: alcuni edifici sono lesionati anche gravemente ma la maggior parte dei fabbricati, spesso realizzati dopo il 1980 (terremoto dell’Irpinia) con criteri antisismici, regge bene l’impatto sismico. Si segnalano difatti solo due vittime, di cui una peraltro causa infarto. Qualcosa di similare accade a partire dall’autunno 2010 ma in un’area spostata più a Sud. Un altro sciame sismico, con scosse generalmente di Magnitudo compresa tra 3.0 e 4.0, culmina il 26 ottobre 2012 con un sisma di Magnitudo 5.2, con ipocentro superficiale (6 km di profondità) ed epicentro nei pressi di Mormanno, il centro maggiormente danneggiato (viene evacuato l’ospedale). Altri paesi colpiti sono Laino Borgo e Laino Castello in Calabria, Rotonda in Basilicata. Da un punto di vista sismotettonico gli scienziati notano un particolare importante: in corrispondenza dello sciame vi sarebbero stati anche lenti e continui scorrimenti di faglie ma senza rilascio di energia sismica. Ciò potrebbe spiegare perchè nel Pollino, al contrario del resto dell’Appennino (dalla Toscana alla Basilicata), non vi siano mai stati terremoti di magnitudo prossima a 6.0.
Resta il fatto che l’intera Calabria nel corso dei secoli ha manifestato un’attività sismica costante e continua, spesso caratterizzata da Magnitudo prossime o superiori a 6.0. Dunque terremoti forti e catastrofici e che in un prossimo futuro è possibile possano ripresentarsi. Quanto il territorio sia pronto a sostenere un simile impatto, è difficile stimarlo. Come affermano anche esperti del settore, gli edifici costruiti dopo il 1908, ed a maggior ragione negli ultimi 50 anni, dovrebbero essere in grado di sostenere sismi anche di forte intensità. Ma il condizionale, purtroppo, è d’obbligo, in attesa della riprova.