E’ stato messo a punto un test genetico per distinguere i noduli alla tiroide maligni da quelli benigni senza dover rimuovere la ghiandola chirurgicamente. A questa conclusione è giunto uno studio clinico multicentrico condotto da esperti della University of Pittsburgh School of Medicine che ha preso in esame 257 pazienti con noduli tiroidei di natura ignota. I risultati della sperimentazione sono stati pubblicata sulla rivista JAMA Oncology. Il test si chiama ThyroSeq Genomic Classifier e prende in esame il Dna di poche cellule tiroidee raccolte tramite un esame di routine, il cosiddetto ago aspirato, per individuare possibili alterazioni a carico di 112 geni noti per essere coinvolti nei diversi tumori tiroidei. Il test serve anche per caratterizzare un eventuale tumore e suggerire cure su misura del singolo paziente sulla base del tipo di neoplasia individuata.
Attualmente per comprendere se un nodulo è di natura benigna o maligna si ricorre all’ago aspirato, che però in circa un caso su quattro fornisce risultati non attendibili, dunque o il paziente deve ripetere l’esame oppure deve sottoporsi a una chirurgia diagnostica che spesso prevede la rimozione della ghiandola, rimozione che però in molti casi si rivela solo in seguito non essere necessaria. ThyroSeq Genomic Classifier, a partire dal Dna di poche cellule tiroidee, riconosce correttamente i noduli maligni nel 94% dei casi e quelli benigni nell’82% dei casi. “Il nostro studio dimostra che ThyroSeq può aiutare a evitare la chirurgia nella stragrande maggioranza dei pazienti con noduli benigni il cui ago aspirato ha dato esito incerto” – spiega l’autore del lavoro Yuri Nikiforov. “In un’era di eccessi diagnostici e terapeutici, ThyroSeq può migliorare la qualità della vita dei pazienti risparmiandogli una vita di farmaci (per sopperire alla mancanza della ghiandola) e visite specialistiche, con una riduzione significativa anche della spesa sanitaria“.
Il tumore della tiroide è provocato dalla crescita anomala di un gruppo di sue cellule, e può essere sia benigno sia maligno (in questo caso si parla più propriamente di cancro). Il cancro della tiroide non è molto comune, poiché costituisce l’1-2% di tutti i tumori, con un’incidenza di 4,1 casi ogni 100.000 abitanti per gli uomini e 12,5 nuovi casi ogni 100.000 abitanti per le donne. Secondo stime del Registro tumori italiano, nel 2012 sono stati diagnosticati 3.200 tumori tiroidei nei maschi e 10.900 nelle femmine.
SINTOMI
Il sintomo più comune del tumore della tiroide è un nodulo isolato all’interno della ghiandola, che si sente tra le dita se si tocca il collo in corrispondenza dell’organo. Non tutti i noduli tiroidei nascondono però forme di cancro, anzi: spesso sono il segno della cosiddetta iperplasia tiroidea, ovvero una forma benigna di crescita ghiandolare. Si stima che meno del 5% dei noduli tiroidei nasconda effettivamente un tumore. I noduli possono essere più d’uno o il cancro può manifestarsi con una massa imponente a livello del collo, sia in corrispondenza della tiroide sia in corrispondenza dei relativi linfonodi. Disturbi degli ormoni tiroidei come ipo o ipertiroidismo si manifestano solo nelle forme avanzate della malattia, per fortuna molto rare.
SOGGETTI PIU’ A RISCHIO
È stato stimato che circa il 30% delle tiroidi esaminate in corso di autopsia presenta una forma tumorale non diagnosticata quando la persona era in vita: ciò significa che il cancro della tiroide è più comune di quanto si pensi, ma che spesso non dà segni di sé perché cresce molto lentamente ed è poco invasivo. Le donne sono più colpite degli uomini nella proporzione di quattro a uno. Fra i fattori di rischio accertati c’è il cosiddetto gozzo, caratterizzato da numerosi noduli benigni della ghiandola dovuti a carenza di iodio che può in alcuni casi predisporre alla trasformazione maligna delle cellule. Un altro fattore di rischio accertato è l’esposizione a radiazioni: il tumore della tiroide è più comune in persone che sono state trattate per altre forme tumorali con radioterapia sul collo oppure che sono state esposte a ricadute di materiale radioattivo (è successo dopo l’esplosione delle bombe atomiche nella Seconda Guerra Mondiale e dopo il disastro della centrale atomica di Chernobyl).
La forma midollare può essere associata a una sindrome chiamata neoplasia endocrina multipla di tipo 2 (o MEN 2) che ha una base genetica, per cui chi ne è affetto può avere in famiglia altre persone malate di cancro della tiroide o delle ghiandole surrenali (feocromocitoma). Per questo i famigliari di pazienti affetti da carcinoma midollare sono invitati a sottoporsi a visite specialistiche e a esami del sangue per escludere la presenza di questa malattia.
PREVENZIONE
Poiché nelle aree dove il gozzo è endemico, per mancanza di iodio, vi è una maggior incidenza di neoplasie tiroidee, l’unica forma di prevenzione attuabile è quella di utilizzare sale iodato (si trova comunemente nei supermercati) invece di quello normale per evitare la formazione di gozzi. In queste aree infatti l’apporto di iodio con la dieta è insufficiente e l’uso del sale iodato è utile anche nella prevenzione dei disturbi benigni della tiroide. Non è invece indicata alcuna forma di screening, perché si tratta di tumori rari e che spesso non danno problemi per lunghi anni. Potrebbe essere utile un controllo con ecografia della ghiandola nelle donne con più di 45 anni. È però utile far palpare la ghiandola dal proprio medico almeno una volta l’anno per individuare eventuali formazioni nodulari. La palpazione della tiroide dovrebbe comunque far parte di un corretto esame clinico di medicina interna.
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