La mappa genetica dell’unicorno siberiano, ovvero il rinoceronte gigante ormai estinto, è stata completata. L’analisi del suo Dna ha dimostrato che, a differenza di quanto creduto fino a questo momento dai paleontologi, l’animale non si estinse prima dell’ultima era glaciale, ovvero 200.000 anni fa, ma visse molto più a lungo, scomparendo dalla Terra circa 36.000 anni fa, a causa del clima più rigido che ridusse le praterie. E’ quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution da un gruppo internazionale coordinato da Adrian M.Lister, del Museo di Storia Naturale di Londra. La mappatura del Dna ha mostrato anche che l’unicorno siberiano, il cui nome scientifico è Elasmotherium sibiricum, nonostante fosse di aspetto simile al moderno rinoceronte, ma con un corno più lungo che poteva arrivare fino a 1 metro, non è un realtà un suo antenato e non fa parte della sua stessa linea evolutiva, ma di quella di un gruppo diverso che si è separato circa 40 milioni di anni fa e si è evoluto autonomamente.
Secondo le analisi genetiche e quelle di datazione al radiocarbonio, effettuate su 23 ossa fossili, gli ultimi esemplari di unicorno siberiano si estinsero circa 36.000 anni fa, quando l’uomo moderno aveva ‘appena’ iniziato a colonizzare le steppe del Kazakistan, la Mongolia e il Nord della Cina. “La diffusione dell’uomo moderno, però, non è collegata all’estinzione dell’unicorno“, ha spiegato Alan Cooper, ricercatore dell’Università australiana di Adelaide. Con molta probabilità fu il cambiamento climatico a causarne l’estinzione. “In quel periodo – ha spiegato lo studioso – i mutamenti del clima non furono estremi, ma portarono a inverni più freddi, con una riduzione dell’estensione delle praterie. E l’unicorno siberiano – ha concluso – era così specializzato nel mangiare erba che alla fine non riuscì a sopravvivere“.