FEGATO SOTTO ANALISI ALL’UNIVERSITA’ DI MILANO – Si conclude oggi presso l’Università di Milano la due giorni di congresso sulla Steatosi Epatica, Fegato Grasso o NAFL (Non Alcoholic Fatty Liver) organizzato dal GIS-NASH, il Gruppo Italiano di Studio della Nash nelle malattie infettive, sotto l’egida della Società Italiana di Malattie Infettive – SIMIT. Il GIS raccoglie specialisti di diverse estrazioni: ci sono ovviamente infettivologi, ma anche epatologi, gastroenterologi, pediatri, cardiologi, farmacologi, poiché la NASH interessa quasi tutte le discipline.
“Secondo gli ultimi dati della letteratura internazionale, circa il 30-40% dei pazienti con NAFL sviluppa una NASH (Non Alcoholic Steato-Hepatitis), con un rischio di progressione verso un quadro di fibrosi che si aggira intorno al 40-50%” spiega il prof. Carlo Filice, Professore di Malattie Infettive presso l’Università di Pavia e direttore della struttura di ecografia di Malattie Infettive del Policlinico San Matteo della medesima università. “La NASH consiste nell’infiltrazione grassa del fegato: normalmente circa il 5% delle cellule del fegato contengono grasso. Nel caso della NAFL la percentuale è superiore. Se questa infiltrazione di grasso dura per un periodo sufficientemente lungo, può scatenare dei processi di epatopatia cronica proprio come li scatenano le patologie virali. Proprio le epatiti virali B e C, grazie rispettivamente ai vaccini e ai nuovi farmaci, stanno gradualmente diminuendo e si può auspicare la loro scomparsa. La NASH diventa così la causa principale per trapianto di fegato: quando c’è NASH si innescano processi che portano a cirrosi e poi al trapianto”. Negli Stati Uniti, nella popolazione adulta, la NASH rappresenta già la causa principale di cirrosi e la seconda causa di trapianto epatico. Gli Stati Uniti sono anche emblematici per i costi di questa patologia: se fossero curati tutti i pazienti che ne sono affetti, l’intero budget della sanità dovrebbe essere speso per questo scopo.
Le cause sono diverse e difficilmente identificabili: la NASH può sorgere per complicanze di malattie infettive, negli ex epatitici o nei soggetti affetti da HIV; per il diabete, quindi con cause endocrinologiche; per l’abuso di farmaci e per le relative interazioni tra loro (in Italia più del 60% di chi ha oltre i 60 anni prende più di 5 farmaci); può derivare da una dieta errata o dallo stile di vita. Queste situazioni portano prima alla NAFL o fegato grasso, che può rimanere così tutta la vita o evolvere in forme epatitiche.
Chi è affetto da NASH è soggetto anche a ulteriori conseguenze: cirrosi, tumore epatico, patologie cardiovascolari come infarto e ictus.
“Ad oggi non esistono terapie per la NASH” conclude il prof. Filice. “Può essere utile tenere un corretto stile di vita, a partire da un’alimentazione corretta quale quella della dieta mediterranea, povera di grassi saturi, di formaggi, salumi, dolci, mentre è ricca di frutta, verdura, legumi, pesce. È poi indispensabile una riduzione delle calorie nel caso in cui il soggetto sia sovrappeso ed è sempre necessaria una regolare attività fisica. Tuttavia, farmaci ad hoc ancora non ci sono. Stiamo lavorando nella ricerca e l’auspicio e che si possano realizzare farmaci attivi nell’arco dei prossimi due anni”.
“In effetti” aggiunge il professor Massimo Galli, Presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali “ci sono vari farmaci che hanno raggiunto la fase di sperimentazione clinica sull’uomo, per alcuni dei quali sono attesi risultati tra il 2019 e il 2021. Una delle sperimentazioni più vicine a essere completata riguarda l’impiego del cenicriviroc, un farmaco di cui si sta valutando la capacità di impedire la progressione della NASH attraverso l’inibizione di recettori cellulari implicati nel reclutamento dei macrofagi e nell’attivazione delle cellule stellate del fegato. Gli studi STELLAR-3 and STELLAR-4 stanno invece saggiando l’efficacia del selonsertib, un inibitore di un proteina, l’apoptosis signal-regulating kinase 1 (ASK1), implicata nell’infiammazione e nell’induzione della fibrosi. Il selonsertib ha dimostrato un effetto favorevole sulla NASH in animali da esperimento”.
I grandi risultati del trattamento dell’epatite C vedranno una drastica riduzione dei casi di cirrosi epatica, di epatocarcinoma e di trapianto di fegato. Nel prossimo futuro anche la NASH si avvia quindi ad essere un problema affrontabile con cure specifiche.