Il diabete è una delle patologie più diffuse tra le popolazione dei paesi maggiormente sviluppati, ma esistono diversi tipi di diabetici, quattro per la precisione.
Ci sono i “cittadini fatalisti“, convinti che avere il diabete non dipenda da loro e che non credono che adottare uno stile di vita sano possa fare la differenza anche in quanto la vita nelle città lo rende quasi impossibile, e “i giovani preoccupati ma indisciplinati”, caratterizzati dalla giovane età e dal fatto di dichiararsi preoccupati e condizionati dalla malattia.
Entrambi vivono in città e hanno, in media, un livello di istruzione medio-alto e un diabete ben controllato.
A questi si aggiungono gli “anziani medicalizzati“, molto condizionati dalla malattia. Esprimono una grande fiducia nei confronti del medico e della terapia, ma sono poco assidui nel frequentare i centri di Diabetologia, e i “salutisti da contesto”, che vivono fuori città e sono accomunati dall’attenzione per uno stile di vita sano reso più facile proprio dal luogo in cui vivono e si muovono.
Queste sono le quattro “tribù” di persone con diabete tipo 2, che percepiscono e vivono la malattia in maniera diversa nell’area metropolitana di Roma, individuate in un’analisi qualitativa condotta dal Censis, in collaborazione con i diabetologi, all’interno del programma internazionale Cities Changing Diabetes e presentata in occasione della terza edizione del Forum “Sustainable cities promoting urban health” organizzato dall’Ambasciata di Danimarca in collaborazione con il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Intergruppo parlamentare “Qualita’ di vita nelle città”, Anci e Health City Institute.
“Uno dei risultati più importanti – evidenzia Ketty Vaccaro, responsabile Area Salute e welfare Fondazione Censis e coordinatrice di Roma Cities Changing Diabetes- attiene al peso del luogo di vita rispetto alle possibilità di gestione della malattia: insieme ai fattori sociali e psicologici, sono emersi ostacoli alla prevenzione, al benessere e al controllo legati alla dimensione urbana e al contesto di vita, che hanno bisogno di essere affrontati con politiche multidimensionali e non solo sanitarie”.