“In Italia si stima che un milione di persone siano portatrici croniche del virus dell’epatite C e di queste almeno 330.000 presentino una cirrosi epatica. Un problema di salute pubblica, oltre che individuale che ormai deve essere affrontato in modo serio competente e sistematico”. E’ quanto afferma il dott. Claudio Cricelli, Presidente Nazionale della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) durante il convegno HCV Working Together, dedicato alla patologia. L’evento si svolge oggi presso la sede dell’Alta Scuola di Formazione SIMG e vede un confronto aperto fra specialisti e medici di medicina generale. “Molti pazienti possono assumere le nuove terapie antivirali che consentono quasi nel 100% dei casi una guarigione completa dall’infezione da virus – aggiunge Cricelli -. Il costo del trattamento è elevato e impone una riflessione e il raggiungimento di un equilibrio fra il diritto alle cure costituzionalmente sancito, da un lato, e il governo complessivo del processo, in clima di risorse limitate, dall’altro. La maggioranza dei pazienti non manifesta alcun sintomo e non ottiene una diagnosi o un inquadramento clinico precoce – prosegue il presidente SIMG -. Il medico di medicina generale per la peculiarità del suo ruolo è fra i professionisti della salute più indicato per far emergere la patologia e per avviare il paziente ai nuovi trattamenti e al percorso specialistico più appropriato. Per questo è però necessaria una formazione specifica che deve basarsi non soltanto su aspetti puramente nozionistici, ma anche soprattutto su sistemi didattici basati sull’apprendimento attivo – sottolinea Cricelli -. L’approccio, però, globale al paziente con epatite cronica c ormai non può essere lasciato al singolo medico, ma va inquadrato in un lavoro di squadra in cui il paziente deve seguire un percorso ben preciso governato da un protocollo diagnostico terapeutico assistenziale che deve coinvolgere a vario titolo tutti gli attori dell’assistenza, dal medico, allo specialista, all’infermiere professionale, e altre figure non mediche”. “I modelli di presa in carico della cronicità, di reti integrate ospedale-territorio e di approccio evoluto alla gestione del paziente cronico ormai non possono non includere in questa categoria anche coloro che sono affetti da epatite cronica di tipo C – conclude il dott. Alessandro Rossi, Coordinatore dell’area progettuale Malattie Infettive della SIMG –. Lo screening per far emergere il sommerso trova nel medico di medicina generale italiano moderno la sua pratica applicazione, attraverso i sistemi informatici di cui è dotato. Una volta individuato un paziente candidato per la terapia con i farmaci retrovirali, prosegue l’assistenza anche nella fase di trattamento e successivamente, per una sorveglianza sanitaria continua, il monitoraggio di altri fattori di rischio e la diagnosi precoce dell’eventuale comparsa di epatocarcinoma”.
Epatite C: in Italia un milione di persone portatrici croniche del virus
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