Un vademecum in cinque mosse per prevenire lo spreco alimentare, tra un pranzo di Natale e un cenone di Capodanno. A firmarlo il promotore del movimento e della campagna Spreco Zero, Andrea Segrè.
Primo: check in. Ovvero fare la spesa passando in rassegna frigorifero, dispensa e cantina, per chi c’è l’ha, tenendo contro del numero dei commensali.
Secondo: chek-out. Evitare le sirene del marketing: il 3×2, gli sconti e il sottocosto non servono se ci si mette in viaggio per le feste.
Terzo: weight&waste watchers. Pesare gli alimenti e tenere contro degli invitati prima di cucinare quantità che si adattano meglio a una caserma.
Quarto: day after sharing. Recuperare tutto ciò che rimane di pranzi e cene della festa per creare un superpasto del giorno dopo, da condividere con gli altri.
Quinto: #zerowaste #sprecozero. Differenziare nei bidoni o nei sacchi dedicati della spazzatura tutto ciò che resta a tavola e sotto l’albero, dagli avanzi agli imballaggi.
Secondo i dati sullo spreco reale nelle case degli italiani, monitorati attraverso il test dei Diari di famiglia (su un campione statistico di 400 famiglie di tutta Italia), promosso dal progetto Reduce del ministero dell’Ambiente – Università di Bologna Distal con la campagna Spreco Zero, lo spreco settimanale pro capite è di 700,7g per un valore di 3,76 euro. Il valore dello spreco alimentare pro capite annuale è di 196 euro che si traduce a livello nazionale in oltre 11 mld di euro, pari allo 0,69% del Pil.
Ma perché sprechiamo il cibo? Sempre i Diari di Famiglia hanno accertato che 1 italiano su 2 (45,8%) dichiara ‘di non aver fatto in tempo a consumare il cibo’; 1 italiano su 4 (25,8 %) ha dichiarato che non gradiva il cibo acquistato e per questo non lo ha consumato. Mentre 1 italiano su 5 (18,2 %) ne aveva cucinato troppo.
Nella top ten dello spreco, la verdura è saldamente in testa al cibo gettato (24,9 %), quindi frutta (15,6 %), latte e latticini (17, 6 %), prodotti da forno (11,6 %).