Gli esperti riuniti in occasione del 79° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia chiedono ai pazienti più fragili di fare attenzione alla colonnina di mercurio, in quanto ogni volta che la temperatura scende sotto lo zero aumenta il rischio cardiaco, se cuore e vasi sanguigni non sono in perfetta forma.
L’associazione tra fatica e basse temperature può essere un vero nemico per il cuore e aumentare fino al 34% il pericolo di un infarto. I malanni invernali sono un’altra insidia perché le infezioni respiratorie aumentano fino a 6 volte il pericolo di andare incontro a un attacco cardiaco.
“Gli studi che indicano il freddo intenso come un possibile pericolo per cuore e vasi sono numerosi: una recente indagine svedese condotta su oltre 274.000 pazienti con problemi cardiovascolari seguiti nell’arco di 16 anni, pubblicata su JAMA, ha dimostrato che nelle giornate con una temperatura al di sotto di 0°C il numero di infarti cresce. La neve invece non sembra un fattore di rischio, è sempre la bassa temperatura l’elemento maggiormente associato all’aumento della probabilità di eventi cardiovascolari. Tuttavia, anche la velocità del vento, un minore numero di ore di luce e la bassa pressione atmosferica fanno salire il pericolo: in altri termini, quindi, le giornate invernali fredde e di maltempo sono quelle in cui la probabilità di problemi cardiovascolari è massima. Il suggerimento è quello di ‘aggiustare’ dal cardiologo la terapia anticoagulante riducendo l’esposizione al freddo attraverso abbigliamento e riscaldamento adeguati,” spiega Giuseppe Mercuro, Presidente SIC. “Il meccanismo responsabile dell’aumento del rischio di attacco cardiaco dopo un’esposizione al freddo intenso è legato a molti fattori, tra cui il più importante è l’effetto di vasocostrizione indotto dalle basse temperature. Il restringimento dei vasi sanguigni infatti potrebbe indurre una rottura della placca coronarica e provocare la formazione di un trombo. Se poi ci si aggiunge la fatica di spalare la neve, che aumenta molto la pressione arteriosa e fa salire il battito cardiaco oltre il 75% della frequenza cardiaca massima, il pericolo cresce ancora. Tutto questo è vero soprattutto in pazienti che non sono in perfette condizioni di salute o hanno numerosi fattori di rischio cardiovascolare, per esempio colesterolo alto, ipertensione, pregressi infarti. L’eventualità di un infarto inoltre è consistente specialmente se si sceglie di attività fisica al mattino, fra le 6 e le 10, quando la probabilità di eventi cardiovascolari è massima nell’arco delle 24 ore. Infine, non bisogna dimenticare che anche le infezioni respiratorie, molto frequenti durante la stagione invernale, e anch’esse in parte favorite dal freddo eccessivo, possono contribuire ad aumentare il rischio di infarto: nei giorni successivi a tosse, raffreddore o influenza la probabilità di un attacco di cuore può aumentare fino a sei volte, soprattutto nei pazienti più fragili,” conclude Ciro Indolfi, Presidente Eletto SIC.