Nel 2018 in Italia sono stimati 51.300 nuovi casi di cancro del colon-retto (28.800 uomini e 22.500 donne). Al Sud solo il 22% dei cittadini di età compresa fra 50 e 69 anni aderisce ai programmi di screening (ricerca del sangue occulto nelle feci) per la diagnosi precoce di questa neoplasia. Più alte le percentuali al Centro (35%) e al Nord (52%), ma il dato nazionale riferito al 2016, pari al 40%, è in calo preoccupante rispetto al biennio precedente (44%). I programmi di screening hanno dimostrato di ridurre la mortalità fino al 33%, grazie all’individuazione della malattia in stadio iniziale. Oggi infatti quasi mezzo milione di italiani (471mila) vive dopo la diagnosi di questo tumore. Nel trattamento della fase metastatica, la scoperta e l’aggiunta di nuove armi alle terapie precedentemente disponibili hanno determinato un prolungamento della sopravvivenza, fino a raggiungere una media di 30 mesi rispetto ai 12 di venti anni fa.
A questi dati e a una maggiore sensibilizzazione dei clinici in tema di carcinoma del colon-retto metastatico, si è ispirato il progetto Evolving Oncology, lanciato da Bayer lo scorso maggio. L’obiettivo è individuare, raccogliere e condividere, a beneficio della comunità scientifica, le migliori esperienze cliniche in cui modalità innovative di approccio personalizzato e l’alleanza terapeutica si siano rivelate utili.
Tre oncologi sono premiati oggi a Milano proprio per le modalità con cui hanno trattato i casi clinici presentati in questi mesi in un bando sul portale www.evolvingoncology.it. La Commissione giudicatrice è costituita da Erika Martinelli (Oncologia Medica Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli di Napoli), Filippo Pietrantonio (Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università degli Studi di Milano), Carmine Pinto (Direttore Oncologia Medica dell’IRCCS Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia), Mario Scartozzi (Direttore Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari) e Alberto Zaniboni (Direttore Oncologia Medica della Poliambulanza di Brescia).
La Commissione ha valutato le esperienze cliniche considerando alcuni punti cardine, in particolare l’impatto sulla gestione del paziente e i risultati raggiunti in termini di efficacia della terapia, di miglioramento nella gestione clinica del paziente e di valutazione e gestione degli aspetti psicologici e sociali. Senza dimenticare le possibilità di replicabilità dell’approccio medico-paziente e l’innovatività, cioè l’utilizzo di strumenti digitali per la comunicazione con il paziente e il caregiver. Tutti i casi ruotano attorno all’importanza di costruire una rete di supporto per il malato e di instaurare un rapporto di fiducia tra pazienti (e caregiver) e clinici.
“In particolare, gli oncologi premiati – afferma il prof. Pinto – si sono trovati di fronte pazienti supportati dalle loro famiglie con cui hanno lavorato per stabilire una forte alleanza terapeutica: informandoli sullo stato della malattia, sulle opzioni terapeutiche disponibili e sui risultati ottenibili da ciascun trattamento, scegliendo insieme la terapia adeguata e riducendo al minimo l’impatto delle cure sulla qualità della vita, grazie alla formazione e al supporto di pazienti e caregiver nella prevenzione e gestione degli eventi avversi”. E si stanno muovendo i primi passi nella digitalizzazione della salute, ad esempio a un paziente è stata offerta una app per il monitoraggio dei sintomi, dei parametri vitali, delle analisi del sangue, dotata anche di un avviso per ricordare l’assunzione della terapia. Queste soluzioni innovative sono caratterizzate da un indubbio impatto positivo sulla qualità di vita.
I tre clinici vincitori del bando “Evolving Oncology 2018: casi clinici nella gestione del paziente con tumore metastatico del colon retto” sono Antonella Marino (Oncologia Medica & Breast Unit Ospedale “A. Perrino” di Brindisi), Carlo Signorelli (Oncologia ASL di Viterbo) e Valeria Smiroldo (Istituto Clinico Humanitas di Rozzano).
Il premio assegnato ai vincitori è l’invito al Congresso “Gastrointestinal Cancers Symposium ASCO GI”, che si svolgerà a San Francisco (USA) dal 17 al 19 gennaio 2019.
Accanto alle armi tradizionali come la chemioterapia, sono disponibili farmaci anti-VEGF (inibitori della formazione di nuovi vasi sanguigni) e anti-EGFR (recettore del fattore di crescita epidermico). La nuova frontiera della medicina di precisione consiste nell’applicare specifiche informazioni sulla genetica, sul profilo molecolare e sulle caratteristiche delle cellule tumorali alla pratica clinica. I biomarcatori sono uno dei pilastri dell’oncologia di precisione e indicano un’alterazione molecolare specifica del tumore che ha un significato prognostico o predittivo. “Un esempio di biomarcatore predittivo negativo è rappresentato dalle mutazioni dei geni KRAS e NRAS nel carcinoma del colon-retto metastatico – sottolinea il prof. Zaniboni -. È stato cioè dimostrato un vantaggio in sopravvivenza nei pazienti trattati con anticorpi monoclonali anti-EGFR che non presentano mutazione di questi geni. Inoltre, nel trattamento della malattia metastatica, vi sono farmaci orali di seconda generazione come regorafenib, inibitore multichinasico che ha evidenziato un’attività antineoplastica. È indicato per la terza linea di trattamento, cioè in pazienti precedentemente trattati oppure non candidabili alla cura con le terapie disponibili”. “Alla base della selezione del paziente in relazione a caratteristiche molecolari del tumore da cui è affetto – spiega il prof. Scartozzi -, vi è il potenziale beneficio clinico maggiore e per un tempo più lungo, rispetto al trattamento con la classica chemioterapia. Si passa, così, dall’approccio classico che prevede la categorizzazione della neoplasia sulla base dell’organo da cui prende origine e del tipo istologico, a una classificazione basata sul profilo genetico o molecolare”.
La medicina di precisione sta portando, ad esempio, all’approvazione di molecole in relazione a una particolare alterazione genetica anzichè al tipo di tumore, come larotrectinib (inibitore altamente selettivo delle proteine di fusione NTRK), che ha recentemente ricevuto l’approvazione da parte dell’ente regolatorio americano (FDA).
“Siamo di fronte a una nuova era nello sviluppo di farmaci anticancro che non riconoscono un tessuto ma un biomarcatore – afferma il prof. Pietrantonio –. Gli studi hanno dimostrato che larotrectinib è efficace e ben tollerato in pazienti affetti da vari tipi di tumori con fusione del gene NTRK, tra cui quello del colon-retto. I benefici osservati convalidano l’importanza dell’analisi dei biomarcatori per le fusioni di NTRK”.
“Accanto alle nuove armi, la prevenzione resta fondamentale e i cittadini devono essere sensibilizzati sull’importanza di aderire alle campagne di screening – continua la prof.ssa Martinelli -. L’efficacia di questi programmi è tanto maggiore quanto più elevata è l’adesione all’invito. Il dato dello screening colorettale del 2016 non è, però, del tutto soddisfacente, soprattutto al Sud. Serve ancora molto impegno su questo fronte”.
“Conoscere la complessità del cancro – conclude Marius Moscovici, responsabile Medical Affairs Oncologia di Bayer – significa accettare il fatto che potrebbe non esistere una sola cura per la malattia ma, piuttosto, più approcci personalizzati in base alle caratteristiche molecolari. In questo cambio di paradigma, Bayer è impegnata attraverso la sua ricerca nello sviluppo di trattamenti personalizzati che aiutino i pazienti a vivere più a lungo e meglio”.