Un meeting per far sì che esperti diversi – radioterapisti, oncologi medici e chirurghi – dialoghino sulla disponibilità di un’arma anti-cancro oggi sempre più diffusa come la radioterapia stereotassica (Sbrt), e la sua interazione con le altre discipline. Questo l’obiettivo del sesto simposio annuale Upmc nelle parole di PierCarlo Gentile, direttore medico del centro di radioterapia ad alta specializzazione Upmc San Pietro Fbf e responsabile della Radioterapia dell’ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma.
Una due giorni, intitolata “Il ruolo della radioterapia stereotassica nella patologia oncologica discussa negli ambienti multidisciplinari”, che riunisce nella capitale oltre 100 professionisti che si confrontano sulle eventuali linee di convergenza sugli approcci terapeutici in oncologia tramite l’utlizzo della radioterapia stereotassica, tecnologia hi-tech in grado di indirizzare alte dosi di radiazioni sul volume tumorale con precisione millimetrica.
“In questo convegno – sottolinea Gentile all’AdnKronos Salute – c’è un tentativo di attualizzare quelle che sono le diverse pratiche cliniche che esistono tra istituti diversi, di regioni diverse, di città diverse, talvolta all’interno della stessa città. E’ normale che sia così – spiega – spesso s’immagina che i trattamenti oncologici seguano delle linee guida valide in tutti gli istituti, ma questo poi in clinica non avviene per motivi diversi: disponibilità dei trattamenti, disponibilità di farmaci, storici percorsi che vengono attuati nelle diverse strutture, esperienze dei singoli professionisti”.
“La radioterapia stereotassica è una tecnica che permette di ridurre la durata di un trattamento radioterapico dalle classiche 5-6 settimane a 3-5 sedute, a volte anche a una sola – precisa l’esperto – Non è indicata per tutti i casi, si eroga quando c’è la possibilità di contenere i volumi di trattamento, quindi in presenza di piccole lesioni localizzate in aree particolarmente complicate da irradiare.
E’ una tecnica che ha permesso anche di modificare i normali rapporti dal punto di vista della consuetudine della pratica clinica con le altre discipline: se una volta la radioterapia era prevalentemente indicata in seguito a chirurgia o trattamento di chemioterapia, oggi, per la sua velocità e scarsa o assente tossicità, il trattamento oncologico può essere avviato con Sbrt, per poi proseguire con trattamenti diversi e più lunghi come quelli chemioterapici”.
Una della attività principali di Upmc è l’organizzazione di Cancer Center, centri per la cura di pazienti con patologie oncologiche, “un modello che si sta provando a trasferire dagli Usa nei centri internazionali Upmc, quindi anche in Italia – dichiara Giovanni Vizzini, direttore medico scientifico Upmc Italia – Il nostro scopo è quello di cercare di portare i migliori trattamenti per le malattie oncologiche il più possibile vicino alle case dei pazienti. Questo significa avere dei sistemi ‘hub and spoke’, centri altamente specializzati dove si possono effettuare cure molto avanzate; e poi implementare anche una rete di centri delocalizzati a cui la popolazione con queste patologie può accedere per i test diagnostici e le cure medico oncologiche”.
“Recentemente – aggiunge – Upmc ha rilevato un centro medico a Roma, il Salvator Mundi, che grazie alla sinergia con il centro di radioterapia di San Pietro Fbf può costituire la base per un network romano. Il nostro progetto – sottolinea – è anche quello di costruire nuovi centri, a Roma e nell’Italia centrale.
La prima giornata del simposio si è aperta con un sessione dedicata ai tecnici di radioterapia, per poi proseguire con la lectio magistralis di Vincenzo Valentini, direttore del Dipartimento di diagnostica per immagini, radioterapia oncologica ed ematologia della Fondazione policlinico universitario Gemelli Ircss, che ha approfondito il tema dei ‘Dati e saperi per il supporto alla decisione clinica’. Gli esperti hanno poi affrontano la delicata gestione di tumori dell’encefalo e del midollo spinale con radioterapia stereotassica.
“Per le metastasi cerebrali la prospettiva di vita alla diagnosi era di soli 3-4 mesi di vita – ha ricordato nel suo intervento John Flickinger, professore di Radioterapia oncologica e chirurgia oncologica all’università di Pittsburgh, Upmc – Adesso vediamo pazienti che tornano per follow-up anni dopo il trattamento, anche fino a 10 anni. Questo significa che la malattia sistemica è stata controllata, mentre prima, quando questa tecnica non era disponibile, il tumore al cervello non poteva essere fermato in alcun modo. Lo stesso vale per le metastasi della spina dorsale. La radioterapia stereotassica – conclude – ha rivoluzionato la gestione delle metastasi cerebrali e del midollo spinale”.