Che Facebook usi i dati personali per indirizzare la pubblicità è ormai risaputo, grazie allo scandalo Cambridge Analytica scoppiato lo scorso anno. Ecco come scoprire cosa Facebook sa di noi e la richiesta di risarcimento promossa da Altroconsumo.
Ancora oggi, secondo uno studio del Pew Research Center, il 75% degli utenti non sa quali e quante informazioni personali custodisca Facebook.
I ricercatori, nel loro test, hanno svelato agli utenti l’esistenza della una pagina in cui sono riepilogate tutte le informazioni registrate dalla piattaforma. Il 59% delle persone ha affermato che l’elenco di informazioni trovato nella pagina forniva un ritratto accurato dei propri interessi reali, ed è stato notato come Facebook avesse costruito, tassello dopo tassello, anche un profilo di affinità politiche, in tre casi su quattro rivelatosi calzante.
Nella versione per cellulari, invece, per arrivare alla stessa pagina si parte dall’icona delle tre linee in alto a destra, andando poi a selezionare “impostazioni e privacy”, “impostazioni” e infine “inserzioni”.
A questo punto si aprirà davanti ai vostri occhi una pagina con tre sottosezioni principali: “I tuoi interessi”, “Inserzionisti” e “Le tue informazioni”.
La sezione “i tuoi interessi” sarà quella più corposa: include, infatti, nomi di personaggi, argomenti di discussione, aziende e luoghi, cibo e bevande, sport, stile di vita.
Si tratta di un mosaico costruito sulla nostra navigazione e i nostri “mi piace” su pagine, gruppi e post pubblicitari. Questo recinto di interessi non coinvolge solo le singole pagine, ma allarga il quadro alla più ampia categoria degli interessi. Ad esempio: se metto like a un calciatore, nel mosaico non entra solo lui, ma sto anche dicendo a Facebook che seguo il calcio. Se mi piace un attore, il social ipotizza che mi piaccia il cinema, e così via.
Come spiega Facebook, le inserzioni sono indirizzate non solo dai nostri likes, ma anche da quelli dei nostri amici, e attingono anche “dal profilo Instagram, dai luoghi in cui ti registri usando Facebook, dai siti web che visiti o le app che usi”.
Aziende e siti web possono inoltre condividere con il social “visualizzazione di una delle sue pagine web, download dell’app mobile, aggiunta di un prodotto al carrello o completamento di un acquisto, dove ti connetti a Internet, dove usi il tuo telefono”.
La finestra dedicata a “Le tue categorie”, invece, raccoglie le informazioni che “aiutano gli inserzionisti a raggiungere le persone a cui potrebbero interessare i loro prodotti e i loro servizi”. Si tratta in pratica delle “etichette” ottenute in base alle nostre attività e ai permessi, più o meno restrittivi, che concediamo. Facebook, ad esempio, sa se usiamo uno smartphone, se lo abbiamo cambiato da poco o se ci colleghiamo da wi-fi. Di solito si tratta di una manciata di indicazioni. Ma la ricerca di Pew ha scoperto che il 38% degli utenti ne ha più di 20.
Altroconsumo, assieme alle associazioni di consumatori di Belgio, Spagna e Portogallo, ha deciso di avviare una class action contro Facebook per chiedere che i consumatori europei vengano risarciti e informati correttamente sull’uso che viene fatto dei loro dati, in modo da scegliere consapevolmente in qualsiasi momento quali informazioni condividere.
Tenendo conto dei benefici commerciali che Facebook ha ottenuto violando la protezione dei dati e le normative a tutela dei consumatori, Altroconsumo auspica per gli utenti un risarcimento di 285 euro per ogni anno di iscrizione al social (tra valore economico dei dati e danni morali).