Il 29 Gennaio 2019 iniziano i cosiddetti “Giorni della Merla“, che, secondo la tradizione popolare dovrebbero essere i più freddi dell’anno.
Secondo la leggenda, negli ultimi giorni di gennaio si registrano le temperature invernali più basse, tanto che la tradizione popolare tramanda che persino la merla, che un tempo aveva il piumaggio bianco, per riscaldarsi andò a ripararsi in un camino e il suo manto divenne grigio per la fuliggine.
Ogni anno ci si chiede se tale tradizione verrà rispettata: difficile stabilirlo con esattezza perché ciò dipende da ogni singola località. Considerando le medie climatiche del periodo 1971-2000, si evince che in Italia il freddo è maggiore tra gennaio e febbraio e che la decade più fredda dell’anno varia a seconda delle regioni, tendendo a ritardare man mano che ci si sposta verso il Mezzogiorno. Nelle regioni del Nord Italia, il periodo più freddo coincide con la prima decade di gennaio; già sulle coste adriatiche, la Liguria e il Centro, il picco del freddo si sposta tra la seconda e la terza decade del mese, mentre Sud il periodo più gelido dell’inverno corrisponde con la prima decade di febbraio.
Il picco di freddo, dunque, non è uguale nelle varie regioni d’Italia e ciò dipende dalle peculiarità climatiche; in parte dal soleggiamento, dall’inerzia termica del mare e dalla traiettoria delle irruzioni fredde, solite verificarsi durante il trimestre invernale.
I “Giorni della Merla”, tra leggende e storie intramontabili
Un’altra leggenda, avente anch’essa per protagonista una merla, spiega l’origine della locuzione “giorni della merla” come se si trattasse di una favola. I suoi personaggi sono una merla completamente bianca e la personificazione di gennaio, freddo e gelido. Gennaio era un mese un po’ dispettoso, che si divertiva a ricoprire il terreno di neve e gelo, non appena la merla si decideva a mettere il becco fuori dalla tana per procacciarsi del cibo. Stufa di questi scherzi, un anno la merla decise di raccogliere molto cibo, in modo da resistere per un mese intero chiusa nella sua tana. Gennaio, allora, che fino a quel momento durava solo 28 giorni, si indispettì e, per punire la merla, aggiunse 3 giorni al suo mese e fece scendere sulla terra il freddo, accompagnato da neve e vento. Presa alla sprovvista, la merla si trovò un rifugio di fortuna in un camino e, terminati i tre giorni, uscì tutta nera, segnando così il futuro piumaggio degli esemplari della sua specie.
Sta di fatto che gli ultimi giorni di gennaio sono considerati il cuore dell’inverno, richiamando paesaggi quasi spettrali, coperti da una coltre di neve, dalle atmosfere cupe e suggestive, alimentando leggende curiose e accattivanti, aventi per protagoniste i merli, uccelli dallo splendido canto che allietano l’alba dei giorni invernali, specie nella stagione amorosa, tra fine gennaio e febbraio.
Giorni della Merla: credenze popolari e proverbi
I ben noti Giorni della Merla (29, 30, 31 gennaio) per la tradizione popolare sarebbero considerati i tre giorni più freddi dell’anno. L’origine della locuzione non è però ben chiara. Sebastiano Pauli (Modi di dire toscani ricercati nella loro origine; p. 341- Venezia, appresso Simone Occhi MDCCXL, 1740) espone due ipotesi:
«“I giorni della Merla” in significazione di giorni freddissimi. L’origine del quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un Cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni: ne’ quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva. Altri altrimenti contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne’ quali passò sovra il fiume gelato.»
Secondo la versione più conosciuta ed elaborata della leggenda, “una merla, con uno splendido candido piumaggio, era regolarmente strapazzata da gennaio, mese freddo e ombroso, che si divertiva ad aspettare che lei uscisse dal nido in cerca di cibo, per gettare sulla terra freddo e gelo. Stanca delle continue persecuzioni, la merla un anno decise di fare provviste sufficienti per un mese, e si rinchiuse nella sua tana, al riparo, per tutto il mese di Gennaio, che allora aveva solo ventotto giorni. L’ultimo giorno del mese, la merla, pensando di aver ingannato il cattivo Gennaio, uscì dal nascondiglio e si mise a cantare per sbeffeggiarlo. Gennaio se ne risentì così tanto che chiese in prestito tre giorni a febbraio e si scatenò con bufere di neve, vento, gelo e pioggia. La merla si rifugiò alla chetichella in un camino e lì restò al riparo per tre giorni. Quando la merla uscì, era sì salva, ma il suo bel piumaggio si era annerito a causa del fumo, e così essa rimase per sempre con le piume nere”.
Anche in questo caso dietro la leggenda c’è sempre un fondo di verità: infatti, nel calendario romano, il mese di gennaio aveva solo ventinove giorni, che probabilmente, con il passare degli anni e della trasmissione orale, si tramutarono in trentuno.
Tante le credenze popolari dei Giorni della Merla.
Molto noti i cosiddetti “canti popolari della Merla”, tipici, ad esempio, di Stagno Lombardo, Crotta d’Adda, Pizzighettone, Soresina, Formigara, Cornaletto, Pianengo ecc. Proprio nei Giorni della Merla, ci si riunisce attorno a un grande falò sul sagrato della chiesa o in riva al fiume, a seconda della tradizione, intonando questi canti insieme al coro, abbigliato con abiti contadini, oltre a degustare vino e cibi tradizionali. I testi delle canzoni differiscono leggermente da paese a paese ma tutti vertono sui temi dell’inverno e dell’amore.
Solitamente il coro gioca con la parte maschile e femminile, sottoforma di simpatici battibecchi. Parliamo di canti in cui si intende sollecitare l’arrivo della bella stagione proprio in questo periodo di passaggio, spartiacque tra inverno e primavera, con un ricchissimo corredo simbolico: un modo per esorcizzare buio e gelo, sconfiggere le fredde brume padane con canti, falò, mascherate e balli. Dante Alighieri, nel capitolo XIII del Purgatorio, Girone degli Invidiosi, costretti dalla legge del contrappasso alla pena della cecità in quanto i loro occhi, in vita, godettero nel vedere il dolore altrui, mette in bocca alla nobildonna senese Sapia queste parole, gridando a Dio: “Ormai più non ti temo! Come fa’ l merlo per poca bonaccia” (Ormai non ti temo più come fa il merlo per un po’ di bel tempo).
Riguardo alle tante leggende sui Giorni della Merla, un fondo di verità c’è: sin dai tempi di Numa Pompilio e della sua riforma del 713 a.C., nel calendario romano il mese di gennaio aveva realmente solo 28 o 29 giorni. Fu poi nel 46 a.C. che gennaio “prese in prestito” i tre giorni a febbraio, grazie all’introduzione del calendario giuliano che rendeva il computo dei giorni definitivamente solare.
Un proverbio bolognese dice: “Quando canta il merlo, siamo fuori dall’inverno”; un vecchio proverbio romagnolo, invece, consiglia al merlo di non cantare nemmeno a marzo perché gli si potrebbe gelare il becco, lasciando, invece, che canti la tordella che non ha pausa di nessuno. In dialetto bresciano si dice: “Due soldi li ho a prestito e uno lo troverò. Se bianca sei, nera ti farà, e se nera sei, bianca diventerai”. Nel bergamasco si dice: “Canta il merlo, l’inverno è finito, ti saluto padrone, trovo un altro tetto!”.
Nel linguaggio popolare “dare del merlo a qualcuno” significa considerarlo uno sprovveduto, un sempliciotto, un ingenuo da cantar vittoria prima del tempo per poi pagarne le conseguenze.