Calo di produttività? Colpa dell’aria inquinata che si respira sul posto di lavoro. Non è la scusa fantasiosa di un impiegato per giustificare un momento non particolarmente brillante in fatto di performance, ma il dato scientifico che emerge da uno studio condotto in Cina da ricercatori della National University of Singapore (Nus). Gli esperti mostrano che l’esposizione all’inquinamento atmosferico nell’arco di diverse settimane non è solo negativa per la salute, ma può anche ridurre il rendimento dei dipendenti e i risultati aziendali.
“In genere – spiega uno degli autori, Alberto Salvo del Dipartimento di economia, Facoltà di arti e scienze sociali della Nus – si tende a pensare che le imprese traggano vantaggio da normative lassiste sull’inquinamento, risparmiando sulle apparecchiature per il controllo delle emissioni e cose simili. Noi documentiamo un effetto negativo sulla produttività della loro forza lavoro“. I risultati dello studio sono stati pubblicati in questi giorni sull”American Economic Journal: Applied Economics’. Per indagare sul legame tra inquinamento atmosferico e produttività, il team di economisti ha raccolto informazioni per più di un anno attraverso interviste ai manager di una dozzina di aziende in 4 diverse province cinesi, prima di ottenere l’accesso ai dati per due stabilimenti, uno in Henan e l’altro in Jiangsu.
Si tratta di fabbriche tessili dove gli operai vengono pagati in base a ciascun pezzo da loro prodotto. Il che rende disponibili le registrazioni giornaliere di produttività per lavoratori specifici su determinati turni. I ricercatori hanno confrontato quanti pezzi ogni lavoratore realizzava al giorno con le misurazioni relative alla concentrazione di particolato a cui era esposto nel tempo preso in considerazione. Si è scelto come riferimento la modalità standard che si usa per determinare la gravità dell’inquinamento, cioè la concentrazione nell’aria di Pm2,5, particelle con diametro inferiore a 2,5 micrometri.
Nelle due sedi analizzate i livelli di inquinamento variavano significativamente da un giorno all’altro e nel complesso erano costantemente alti. In una delle fabbriche le Pm2,5 erano in media circa 7 volte sopra la soglia di sicurezza fissata dall’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti. I ricercatori fanno notare che le fluttuazioni giornaliere dell’inquinamento riscontrate non hanno immediatamente influito sulla produttività. Tuttavia, quando si misuravano esposizioni prolungate fino a 30 giorni, si poteva notare un netto calo.
Lo studio ha preso in considerazione anche eventuali fattori confondenti. E alla fine “abbiamo riscontrato che un aumento di 10 microgrammi per metro cubo nella concentrazione di PM2,5, per 25 giorni consecutivi, aveva come conseguenza una riduzione dell’1% della produzione giornaliera, danneggiando imprese e lavoratori“, afferma il professore associato Haoming Liu. “Effetti sottili, ma molto significativi“. Quanto alle ragioni che spiegherebbero perché la produttività cala quando l’inquinamento aumenta, Liu osserva che “alti livelli di particelle sono visibili e potrebbero influenzare il benessere di una persona in una moltitudine di modi“.
“Oltre a entrare attraverso i polmoni e nel flusso sanguigno – riflette – potrebbe esserci anche un elemento psicologico: lavorare in un ambiente altamente inquinato per lunghi periodi potrebbe influenzare l’umore o la propensione al lavoro“. La ricerca sul legame tra produttività e vivere e lavorare in un’atmosfera inquinata è molto limitata, in parte anche a causa della difficoltà di quantificare la produzione dei lavoratori.
Un lavoro precedente, che aveva riguardato lavoratori che confezionavano frutta in California, aveva rilevato un effetto ampio e immediato dell’esposizione al Pm2,5 ambientale: quando i livelli aumentano di 10 microgrammi per metro cubo, nello stesso giorno i lavoratori diventano il 6% meno produttivi.
“Se l’effetto fosse così pronunciato e immediato – ragiona Liu – pensiamo che i manager si accorgerebbero di più dell’inquinamento rispetto a quanto emerso nelle interviste sul campo. La nostra scoperta che l’inquinamento ha un’influenza sottile sulla produttività sembra dunque realistica“.
I dati raccolti sono stati resi accessibili perché possano servire come risorsa per ulteriori ricerche, e accelerare i progressi in questo campo. “Era un criterio chiave per l’inclusione nel nostro studio – conclude Salvo – Volevamo condividere tutte le informazioni in modo che anche altri ricercatori potessero usarle, sperando di aggiungere ulteriore credibilità a lungo termine a questa letteratura. Non abbiamo trovato alcuna ragione per cui i dati anonimi sui lavoratori in un’industria frammentata non potessero essere condivisi“.