Una forte scossa di terremoto ha fatto tremare il Nord Italia alle 00:04 della notte tra il 14 e il 15 gennaio. La scossa, in base ai dati ufficiali dell’INGV, è stata di magnitudo 4.6 con epicentro sulla costa di Ravenna, molto vicino all’area in cui sorge Mirabilandia. Si è verificata a 25km di profondità ed è stata avvertita in tutto il Nord Italia e su gran parte del Centro. La terra ha tremato in modo particolarmente significativo in Veneto, nelle Marche, Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia. In merito all’evento si è espresso attraverso la propria pagina Facebook, il professor Antonio Moretti, geologo dell’università dell’Aquila.
“Immagino che qualcuno si stia preoccupando – si legge nel post di Moretti, esperto di storia dei terremoti -, così cercherò di dargli un senso (al terremoto nel Ravennate, ndr) nel quadro sismico italiano. Nella mappa sono riportati i fuochi di tutti i terremoti con magnitudo superiore a 3 localizzati in crosta profonda (15>h>35) degli ultimi 20 anni. In prima approssimazione descrivono una specie di arco attorno all’area tirrenica-tosco-laziale ed indicano la zona di flessura, o di “piegamento” della placca litosferica padana (a N) ed adriatica (ad E) sotto l’Appennino. Anche il recente terremoto del ravennate fa parte di questa famiglia. Geologicamente ci rivelano una volta di più che il processo di subduzione della crosta padano-adrica, dovuto alla spinta africana da Sud verso Nord contro la Penisola, è ancora attivo. Sappiamo che questa spinta si traduce in una costante “crescita” della catena appenninica con tutti i fenomeni morfogenetici e sismogenetici associati”.
“Anche se, al momento, non possiamo conoscere in dettaglio le relazioni tra l’attività sismica infra-crostale e quella delle strutture superficiali – scrive ancora il professor Moretti –, sappiamo però che dopo i terremoti del 1703 si attivò nell’arco appenninico esterno una intensa attività sismica, con eventi frequenti ma di moderata energia. Il più forte fu il terremoto di Cagli del 1781 che causò numerosi crolli e vittime. In assoluto il terremoto più intenso dell’arco Nord-appenninico fu quello della Garfagnana-Lunigiana del 1920, anche esso con diffusi crolli su edifici di scadente tipologia edilizia (murature in ciottoli tondi di fiume ecc.). Prenderei questi eventi come lo scenario più sfavorevole possibile nell’area”.
Dopo aver dunque fatto un excursus sulla storicità dei terremoti nella zona interessata dalla scossa dei ieri, il geologo lancia un allarme che è necessario sottolineare e non far passare nell’indifferenza. Perché, sebbene l’Italia e in particolare le aree appenniniche siano ad alto rischio sismico, prevenire danni e morti è possibile, ma solo correndo ai ripari prima che le scosse si verifichino. E per farlo sono necessarie politiche mirate di prevenzione e messa in sicurezza. “In sostanza – conclude Moretti – considererei il terremoto di questa notte come una ennesima scossa di avvertimento, che ci ricorda una volta di più che il terremoto è sempre presente e che, se continuiamo ad ignorarlo, la colpa di quanto potrà succedere sarà soltanto nostra“.