“Il centro trapianti di fegato dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, diretto da Paolo De Simone, chiude il 2018 raggiungendo un altro traguardo: le 161 procedure eseguite durante l’anno pongono Pisa al vertice della classifica nazionale e ai primi posti nel panorama internazionale. Il numero di trapianti di fegato effettuati a Pisa – si legge in una nota dell’ufficio Stampa dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana – e’ in costante crescita ormai da anni: 119 nel 2015, 136 nel 2016, 142 nel 2017.
Cio’ sarebbe impossibile senza il sostegno di tutta la struttura regionale: l’assessore regionale alla Salute, Stefania Saccardi, piu’ volte ha ribadito la centralita’ del centro pisano nel panorama toscano e recentemente, lo stesso presidente della regione, Enrico Rossi, ha chiesto alla direzione aziendale di redigere un progetto che serva a rinforzare e sviluppare i punti di forza dell’Aoup tra cui, naturalmente, il centro di trapianti di fegato”.
“Non c’e’ insomma alcuna intenzione di duplicare altrove un centro che da anni si e’ dimostrato in grado di sopperire alle necessita’ di tutta la Toscana. Non avrebbe senso disarticolare la complessa struttura di cui l’intervento chirurgico e’ solo una delle fasi: il trapianto e’ possibile grazie a una rete regionale e nazionale che recupera gli organi e segue i pazienti trapiantati. Pisa – si legge sempre nella nota – e’ il centro regionale e uno dei centri nazionali di quella rete.
Anche le osservazioni critiche giunte dal Centro nazionale trapianti servono come pungolo per cercare di migliorarsi. L’obiettivo e’ quindi continuare a crescere, sia quanto a numero di interventi, sia sviluppando – come gia’ fatto nel 2018 – innovative linee trapiantologiche.
Tali risultati non sarebbero raggiungibili senza il contributo delle equipe di medici, chirurghi, infermieri e tecnici che erano in servizio anche durante le feste natalizie: in centinaia, in tutti i reparti dell’ospedale, hanno lavorato per garantire assistenze e cure ai cittadini. Non tutti tengono nel dovuto conto questo sforzo collettivo – che comprende sia chi lavora nelle sedi operative, sia chi ha il compito di prendere decisioni – lasciandosi andare talvolta, in modo inopportuno e superficiale, a esternazioni che evocano minacce totalmente inesistenti e sottolineando situazioni lavorative che sono, in realta’, l’assoluta normalita’ attesa in tutti gli ospedali del mondo per chi – come gli operatori sanitari – ha deciso di dedicare la propria vita professionale alla cura e all’assistenza”.