Ormai è ufficiale: il governo ha dato il via libera alle trivelle per la ricerca del petrolio nel Mar Ionio. Ma c’è chi dice no, chi dice forse, chi dice altro. Cerchiamo di fare un po’ d’ordine nella solita vicenda all’italiana in cui tutti dicono qualcosa, tutti scaricano i barili sugli altri e, alla fine della storia, gli unici a rimetterci sono gli italiani. E a rimetterci, questa volta, è una parte dell’Italia che ogni buon governatore dovrebbe salvaguardare, ovvero l’ambiente. Perché se il petrolio è fondamentale per lo sviluppo economico (di pochi o di tutti), l’ambiente è vitale per l’intero Paese, se non per l’intera umanità. Partiamo dai fatti. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha dato il via libera alle trivelle nel Mar Ionio e in data 31 dicembre 2018 è stato pubblicata sul BUIG (bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle geo risorse) l’autorizzazione di tre nuovi permessi di ricerca petrolifera su una superficie complessiva di 2200 km/q a favore della società americana Global MED LLC, con sede legale in Colorado, Usa. In base a quanto riferisce Angelo Bonelli dei Verdi, “la ricerca autorizza l’uso dell’air gun, le bombe d’aria e sonore, che provocano danni ai fondali e alla fauna ittica: è il regalo di Luigi Di Maio alla Puglia e alla Basilicata dopo Ilva e le autorizzazioni alla Shell rilasciate dal Ministero dell’Ambiente”.
Ma Luigi Di Maio, ovviamente, controbatte alle accuse: “Oggi mi si accusa di aver autorizzato trivelle nel mar Ionio. È una bugia. Queste “ricerche di idrocarburi” (che non sono trivellazioni) erano state autorizzate dal Governo precedente e in particolare dal Ministero dell’Ambiente del Ministro Galletti che aveva dato una Valutazione di Impatto Ambientale favorevole. A dicembre, un funzionario del mio ministero ha semplicemente sancito quello che aveva deciso il vecchio Governo. Non poteva fare altrimenti, perché altrimenti avrebbe commesso un reato. Ma faremo di tutto per bloccare le trivellazioni volute dal Pd. E sono contento se Emiliano impugna“. E rincara la dose Paola Taverna (M5S) vicepresidente del Senato, che sulla propria pagina Facebook scrive: “Dimenticare è semplice. Accusarci di autorizzare misure che ledono le nostre acque e il nostro territorio, ancora di più. Uniamo le due cose e viene fuori che le trivellazioni sono farina del Movimento e non del Partito Democratico. Dopo il danno, anche la beffa. Il nostro obiettivo e’ smontare legalmente una pratica malsana per il nostro ambiente, promossa durante il precedente esecutivo, e non favoreggiarla. Non si smette mai di dar aria alla bocca“.
Ma l’opposizione, da ogni parte politica, non ci sta e le accuse in queste ore fioccano come la neve. “Basta prendere in giro gli italiani sulle trivelle. Offende l’intelligenza dei cittadini dire che le nuove concessioni su terraferma e i nuovi permessi di ricerca nel Mar Ionio accordati dal Mise di Di Maio e riportati nel Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse di fine dicembre siano responsabilità dei passati governi“, ha dichiarato la deputata di Leu Rossella Muroni, in merito alla concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi su terraferma, sulla concessione prorogata e sui tre nuovi permessi di ricerca di gas e petrolio in mare rilasciati di recente dal Mise. “Se il governo giallo-verde, o almeno i Cinque Stelle volessero mantenere fede alla loro promessa elettorale di fermare le trivellazioni – precisa Muroni – basterebbero tre semplici mosse: varare una moratoria di due anni sulle nuove attività petrolifere, reintrodurre il Piano delle aree e vietare l’uso dell’airgun, tecnica che provoca gravi danni in particolare ai cetacei e influisce in negativo anche sulla pesca. Proposte che raccolgono alcune delle istanze avanzate dal Coordinamento no-triv e che avevo fatto anche con alcuni emendamenti alla Legge di Bilancio. Peccato che l’emendamento con cui chiedevo la reintroduzione del Piano delle aree è stato dichiarato inammissibile“.
E anche Enzo Di Salvatore, costituzionalista e fondatore del coordinamento No Triv, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta da Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, sulla questione Trivelle. “Si fa confusione tra il piano politico e quello amministrativo – ha spiegato Di Salvatore –. La responsabilità della politica è di non modificare il quadro normativo. Se Di Maio dice: non è colpa nostra, è stato un funzionario a dire di firmare le carte, però allo stesso tempo dice che è colpa dei governi precedenti, si sta facendo confusione. Il governo poteva fermare queste trivellazioni, bastava cambiare il piano normativo. L’aveva fatto l’ex ministro Prestigiacomo nel governo Berlusconi. Non c’è nessun rischio di penali. Il ministro dell’ambiente Costa non ha alcun tipo di responsabilità, è l’attuale ministero dello sviluppo economico, attraverso il suo dirigente, che ha firmato l’autorizzazione”.
E intanto sulla vicenda si esprime anche la Lega che di certo non le manda e dire, prendendo una posizione dura e chiarissima: “Noi non siamo ambientalisti a prescindere, a differenza dei Cinque Stelle, se c’è una cosa che offre un vantaggio significativo economico, ci si ragiona” e “se per un vantaggio marginale si fanno danni ingenti all’ambiente, l’Italia non può permetterselo“. E’ quanto dichiarato da Dario Galli, viceministro allo Sviluppo Economico. Sull’ipotesi di una retromarcia “valuteremo“, afferma Galli, “senza ideologie o pregiudizi. Cercheremo di capire se queste concessioni date in maniera molto leggera nella scorsa legislatura portano più vantaggi o svantaggi. Ma non siamo trivellatori a tutti i costi. Non ne faremo la battaglia della vita, come su altri temi ideologici. Noi siamo per la difesa dell’ambiente e la tutela del paesaggio. E, ripeto, il pozzo di petrolio non è un treno e se ne può discutere. Ma siamo anche per una produttività che possa innalzare il livello di qualità della vita dei cittadini. E soprattutto siamo contro chi è sempre contro“, conclude senza mezzi termini il rappresentante leghista.