In uno studio pubblicato su MDPI, i ricercatori Gregorio Farolfi (Dipartimento di Geoinformazione, Istituto Geografico Militare (IGM) e Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze), Aldo Piombino e Filippo Catani (Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze) hanno presentato una mappa dettagliata del movimento tellurico in Italia derivata dalla combinazione del Sistema satellitare globale di navigazione (GNSS) e dal radar ad apertura sintetica (SAR). Queste sono due delle più utilizzate tecniche geodetiche spaziali per studiare la deformazione della superficie terrestre. Entrambe le tecniche forniscono gli spostamenti rispetto a diverse componenti della posizione del punto di terra. I risultati di questo studio forniscono nuove informazioni sulle complesse geodinamiche coinvolte nella penisola italiana e sui movimenti locali.
Area di studio: un quadro geologico italiano
L’Italia si colloca tra il dominio del Mediterraneo occidentale, i cui bacini sono coperti dalla crosta continentale e dalla crosta oceanica del Neogene e il più antico dominio del Mediterraneo orientale, caratterizzato dalla crosta oceanica mesozoica. Dall’Eocene superiore, il complesso formato da Corsica-Sardegna, Calabria e versante occidentale dell’Appennino si è separato dall’Europa lungo le attuali coste francesi e iberiche, innescando anche l’esumazione della profonda crosta delle Alpi occidentali. L’apertura del bacino ligure-provenzale ha disgiunto l’allineamento della Sardegna con le Baleari. La sua apertura è cessata quando il movimento di Sardegna, Corsica e Appennino settentrionale è diventato impossibile a causa della resistenza della crosta della placca adriatica ad est e l’espansione è continuata nel settore meridionale con la divisione della Calabria dalla Sardegna e l’apertura del Mar Tirreno 5-6 milioni di anni fa.
La fine del ripiegamento nel settore settentrionale ha innescato la rottura della placca: ora la placca dell’Appennino settentrionale raggiunge una profondità di soli 300km circa e rimane connessa alla superficie ma è separata dalla placca calabrese da una distanza di diverse centinaia di chilometri. La placca calabrese è limitata da due linee tettoniche lungo le quali si è verificata un’enorme attività vulcanica (catena sottomarina del Palinuro) o dove continua a verificarsi (Etna e Vulcano). Il ripiegamento è terminato 700.000 anni fa quando l’arco calabro-peloritano si è schiantato contro la crosta del nord della Grecia. Ora la deformazione si verifica nello Ionio al largo della Calabria ed è materia di dibattito se il residuo movimento di 2mm/a dell’area sia collegato semplicemente ad un rallentamento del ripiegamento o al crollo della parte superiore della crosta calabrese.
Attuale tettonica dell’Italia
Nel Nord Italia, in Austria e nei Balcani, la rientranza della placca adriatica nell’Eurasia ha separato il settore carpatico dalle Alpi orientali. Questo movimento è ancora in corso ed è la causa della sismicità compressionale lungo il lato meridionale della catena dalla Lombardia al Friuli e l’intrusione di un’ampia area dal sud dell’Austria alla Slovenia. L’Italia è anche influenzata dalla frammentazione della placca adriatica in 3 parti distinte (occidentale, nordorientale e sudorientale), quindi le principali cinture sismiche sono collocate lungo i limiti di queste 3 “sotto-placche”.
A ovest della Lombardia, la sismicità di fondo è di gran lunga inferiore rispetto a quella della catena appenninica, ma le registrazioni storiche mostrano terremoti distruttivi anche in quell’area, soprattutto nel settore delle Alpi Marittime dalla Pianura Padana al Mar Ligure fino alla Francia sudorientale. Nel nord della Sicilia, l’Africa spinge sulla crosta tirrenica, dando origine ad una cintura compressionale che si estende sulla placca siciliana sommersa, mentre il mare a sud dell’isola mostra movimenti estensionali.
Risultati
La mappa derivata dalla combinazione dei dati SAR e GNSS presenta nuove e importanti informazioni riguardo le geodinamiche della penisola italiana. I risultati dimostrano chiaramente che l’asse appenninico costituisce un chiaro confine tra un’area lungo il Tirreno che è abbastanza stabile rispetto alla placca dell’Eurasia e un settore orientale con una componente di 3-5mm/a verso nord-est.
In questa cornice, le Alpi occidentali, la Corsica, la Sardegna e lo stesso Tirreno mostrano basse velocità residuali. La maggior sismicità dell’Appennino Centrale è annidata lungo il limite isocinematico (limite tra due zone di diversa cinematica). Questa differenza di velocità tra la placca adriatica occidentale e le sue controparti nordorientali e sudorientali aumenta progressivamente verso sud. Le velocità sono persino maggiori in Sicilia: tutta l’isola si sta muovendo verso nord-nordovest a circa 5mm/a rispetto alle parti stabili dell’Europa, ma il settore tirrenico calabrese si sta muovendo verso nord-est a circa 3,5mm/a. Di conseguenza, la maggior parte della Sicilia e il complesso costituito dalla Sicilia nordorientale e da tutta la Calabria si stanno allontanando di oltre 2mm/a nella componente orientale.