La diffusione dei prodotti cosiddetti ‘nutraceutici’ ha ormai raggiunto proporzioni molto ampie anche nel nostro Paese e determina costi significativi per gli utilizzatori. D’altra parte, spesso le evidenze a supporto delle indicazioni per cui vengono consigliati o prescritti i nutraceutici non sono sufficientemente solide dal punto di vista scientifico e non sempre appaiono univoche. “È per questo motivo che la SIPREC – spiega il professor Massimo Volpe, presidente della SIPREC e ordinario di Cardiologia, università di Roma ‘La Sapienza’-Ospedale Sant’Andrea – anche alla luce del fatto che le indicazioni più frequenti ricadono nell’ambito della prevenzione cardiovascolare, ha deciso di produrre un documento allo stato dell’arte dell’impiego dei nutraceutici in vari ambiti di prevenzione e trattamento, attingendo alle evidenze scientifiche disponibili”.
Ne emerge un quadro aggiornato ed esaustivo delle varie tipologie di nutraceutici ad oggi disponibili e del loro ruolo come coadiuvanti di un corretto stile di vita nell’ambito della prevenzione o di un trattamento con farmaci tradizionali. Il documento, frutto di un importante sforzo collettivo e del contributo di esperti italiani, analizza la effettiva utilità dei nutraceutici. Verrà presentato a Napoli in occasione della 17° edizione congresso annuale della SIPREC che si inaugura oggi, per una tre giorni interamente dedicata alla prevenzione.
Per ‘nutraceutici’ (termine coniato nel 1989 da Stephen De Felice) si intendono “alimenti o parti di essi con proprietà farmaceutiche, in grado di esercitare effetti benefici sulla salute, che possono essere utilizzati a fini preventivi e/o curativi”. Non vanno confusi con: integratori dietetici, alimenti funzionali, prebiotici, probiotici, prodotti botanici. Attualmente le principali indicazioni dei nutraceutici sono la prevenzione di malattie croniche in individui sani ma ad alto rischio, in associazione ad un corretto stile di vita. Nel nostro Paese i nutraceutici non sono considerati farmaci ma sono registrati nell’elenco del Ministero della Salute alla voce ‘Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico’. Non essendo ‘farmaci’, non sono dunque soggetti neppure a denuncia agli organi competenti in caso di reazioni avverse. Vista la loro diffusione tuttavia il profilo di safety non è un aspetto da trascurare.
NUTRACEUTICI E DISLIPIDEMIE
La monocolina K (che è un analogo strutturale della lovastatina) inibisce la sintesi epatica di colesterolo. E’ contenuta nel riso rosso fermentato, che è da tempo utilizzato nella medicina tradizionale cinese.
Gli steroli vegetali (fitosteroli) riducono l’assorbimento intestinale di colesterolo; il consumo di 1-3 grammi di fitosteroli al giorno, riduce il colesterolo LDL del 5-15 per cento.
La berberina (presente nella corteccia di alcune piante del genere Berberis) riduce il colesterolo aumentando l’attività e la disponibilità dei recettori epatici per le LDL, attraverso l’inibizione della proteina PCSK9 (direttamente implicata nella degradazione intracellulare dei recettori delle LDL). Questo nutraceutico ha anche un’azione ipoglicemizzante, legata probabilmente alla sua capacità di far aumentare l’espressione di recettori per l’insulina.
Queste caratteristiche la rendono dunque molto interessante nella prevenzione cardiovascolare nei soggetti con sindrome metabolica. L’azione ipocolesterolemizzante della fibra alimentare è legata all’inibizione dell’assorbimento intestinale del colesterolo, favorendo al contempo la sua escrezione fecale. Un consumo di 3 grammi di fibra al giorno determina una riduzione di LDL del 5-6 per cento. Effetti positivi sul colesterolo sono stati descritti per varie fibre: chitosano, pectine, glucomannano, beta-glucano (quest’ultimo ha effetti benefici anche sui valori della glicemia).
I polifenoli svolgono azione antiossidante e si ipotizza che inibiscano l’HMG-CoA reduttasi, azione questa responsabile del loro effetto ipocolesterolemizzante.
NUTRACEUTICI E IPERTENSIONE ARTERIOSA
I meccanismi attraverso i quali i nutraceutici possono ridurre i valori pressori a volte sono simili a quelli del farmaci antipertensivi. Alcuni peptidi del pesce ad esempio, il picnogenolo e forse i lactotripeptidi, alcuni probiotici e l’estratto di aglio invecchiato hanno un’azione ACE-inibitoria. L’aglio avrebbe anche un’azione simil calcio-antagonista, come anche il magnesio chelato. I polifenoli del cacao migliorano la biodisponibilità di monossido d’azoto (NO) e quindi la funzione endoteliale. Una metanalisi su 20 studi clinici controllati e in doppio cieco ha dimostrato che il cioccolato fondente riduce la pressione arteriosa sistolica di 2,77 mmHg e la diastolica di 2,20 mmHg.
I flavonoli, presenti in elevate concentrazioni nel tè, cacao e vino rosso, sono i responsabili principali degli effetti cardiovascolari benefici attribuiti al cacao. Anche i composti fenolici contenuti nelle foglie dell’olivo (oleuropeosidi, flavoni, flavo noli, ecc) esercitano un’azione ipotensiva, mediata dalla vasodilatazione da rilassamento della muscolatura liscia dei vasi arteriosi; questo effetto è legato ad un’azione tipo ‘calcio-antagonista’. Nel 2015 i soggetti affetti da ipertensione arteriosa nel mondo erano 1,13 miliardi e le proiezioni per il 2025 parlano di 1,5 miliardi. La prevalenza di questa condizione nella popolazione adulta è del 30-45 per cento, ma oltre i 60 anni supera il 60 per cento.
NUTRACEUTICI E DIABETE MELLITO
L’EFSA (Agenzia Europea per a Sicurezza Alimentare) ha approvato i ‘claim’ per la riduzione della glicemia post-prandiale da parte dei beta-glucani, dell’idrossipropilmeticellulosa e delle pectine. Una dieta ricca di polifenoli (presenti nei cereali, verdura, frutta, caffè, tè, cioccolato) si associa ad un miglioramento dei parametri metabolici (glicemia, colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa) e al rischio di sviluppare diabete, malattie cardiovascolari e alcune neoplasie.
Per quanto riguarda gli effetti sulla glicemia, i polifenoli inibiscono l’assorbimento di glucosio a livello intestinale, proteggono le cellule beta-pancreatiche dalla glucotossicità, riducono la produzione epatica di glucosio, migliorano l’utilizzazione di glucosio da parte i vari organi. I polifenoli più efficaci nel migliorare il metabolismo glucidico sono i flavan-3-oli (tè verde, cioccolato), gli isoflavoni della soia (geinsteina), i polifenoli dell’olio extravergine d’oliva, il resveratrolo (bucce d’uva). La berberina potrebbe esercitare un’azione ipoglicemizzante attraverso la regolazione del recettore dell’insulina (migliora l’utilizzazione del glucosio e riduce a glicemia) e modulando il microbiota intestinale.
NUTRACEUTICI E DISMETABOLISMI CORRELATI AL PESO
(OBESITA’, STEATOSI EPATICA, IPERURICEMIA)
Steatosi epatica. La silimarina, una miscela di antiossidanti (flavo lignine e flavonoidi) estratte dal cardo mariano migliora la sensibilità all’insulina e d ha un effetto protettivo sul fegato, grazie ai suoi effetti antiossidanti, antinfiammatorio, antiapoptotici, antifibrotici. Un effetto di protezione sul fegato è stato suggerito dagli studi preclinici per l’astaxantina, un potente antiossidantedi origine marina, per il coenzima Q10 e per la vitamina E.
Nei soggetti con NAFLD è spesso presente un deficit di vitamina D; la sua supplementazione potrebbe dunque avere un ruolo in questi pazienti. Gli acidi grassi polinsaturi omega-3 (EPA e DHA), grazie all’azione anti-trigliceridi e antinfiammatoria, potrebbero avere un’influenza favorevole sulla NAFLD. Anche la berberina, grazie ai suoi effetti ipocolesterolemizzanti e insulino-sensibilizzanti, potrebbe avere un ruolo in questi pazienti, come anche la curcumina (estratto dalla Curcuma longa) e il resveratrolo. Promettenti sono anche alcuni studi di supplementazione di probiotici (L. bulgaris e S. Thermophilus). L’uso di questi nutraceutici, associato ad opportune misure di correzione degli stili di vita, potrebbe dunque essere considerato nei soggetti con steatosi epatica.
Iperuricemia. La vitamina C riduce i livelli circolanti di acido urico, proteggendo dal danno cellulare da stress ossidativo e riducendo la produzione di acido urico. Anche alcuni prodotti imidazolici (L-istidina, carnosina, anserina) presenti nel’estratto di tonno sono in grado di ridurre i livelli di acido urico nei soggetti con iperuricemia, non gottosi. Le associazioni di riso rosso fermentato, fitosteroli e L-tirosolo, oltre a migliorare il profilo lipidico, possono contribuire a ridurre i livelli di acido urico nei soggetti che non rispondono alla sola dieta. La combinazione fissa di campferolo (estratto dalle foglie di Ginkgo biloba), baicalina (estratto di radice di Scutellaria), rutina, acido clorogenico e caffeina, nello studio PICONZ-UA ha ridotto in maniera significativa i livelli di acido urico nell’arco di 2 mesi.
NUTRACEUTICI, SPORT E METABOLISMO MUSCOLARE
L’assunzione di caffè migliora le prestazioni negli esercizi di resistenza prolungata. La betaina (o trimetilglicina) contenuta nella barbabietola da zucchero (ma anche in broccoli, spinaci, cereali e frutti di mare) è un agente metilante (cede gruppi metile, -CH3) a varie sostanza. Utilizzata nel trattamento dell’omocistinuria e dell’iperomocisteineima, condizioni associate ad un aumentato rischio cardiovascolare. La betaina, aggiunta ad una bevanda sportiva, aumenterebbe le prestazioni atletiche e, nei soggetti che fanno esercizio fisico, ridurrebbe il tessuto adiposo a vantaggio della massa magra. Dosi eccessivi possono tuttavia determinare disturbi gastro-intestinali. Il ginseng, ricco di saponine (steroidi che e triterpeniche), aumenta in modo aspecifico resistenza, capacità e difese dell’organismo, stimolandolo a reagire a condizioni di stress. In ambito sportivo ridurrebbe la fatica e migliorerebbe la prestazione fisica. Il ginseng ha inoltre un effetto positivo sulla capacità di lavoro mentale e sul sistema cardiocircolatorio (inducendo la produzione di ossido nitrico nell’endotelio). A livello del sistema immunitario, riduce la produzione di citochine pro-infiammatorie e migliora i sintomi dei stati infiammatori.
NUTRACEUTICI E POST-MENOPAUSA
I fitoestrogeni sono composti di derivazione vegetale con attività simile a quella degli estrogeni, ma con potenza nettamente inferiore a quella dell’estradiolo. Ne esistono tre classi principali: isoflavoni, cumestani e lignani. Gli isoflavoni della soia contengono 12 diverse isoforme divise in 4 classi chimiche: agliconi, glucosidi, acetilglucosidi, malonilglucosidi. Il composto che tra tutti questi maggiormente contrasta gli effetti vasomotori della menopausa è la genisteina; questa sostanza, associata ad estratto Angelica sinensis e di Morusalba con aggiunta di magnesio e di un probiotico riduce i sintomi della menopause e migliora il profilo di rischio cardivoascolare.
La Cimicifuga racemosa (genere delle ranuncolacee) e gli estratti da essa ricavati (isopropanolico- iCRe etanolico) riduce i sintomi vasomotori della menopausa, interferendo con i neurotrasmettitori implicati nella genesi delle ‘vampate’. Non ha attività estrogenica. L’EMA (EuropeanMedicines Agency) suggerisce una supplementazione quotidiana di 40 mg al giorno di iCR.
NUTRACEUTICI E CERVELLO