Un gruppo di ricercatori guidati dall’Istituto nazionale di astrofisica ha scoperto una lente gravitazionale davvero particolare a forma di croce latina (o Einstein cross) di una galassia – distante circa a 18,5 miliardi di anni luce – di tipo Lyman break. Si tratta del secondo esempio noto di questo tipo, e viene chiamata così perché la sua immagine ci appare “clonata” quattro volte. La scoperta di questa nuova lente a forma di croce – spiega Eleonora Ferroni su Media INAF – è stata riportata in uno studio pubblicato da Daniela Bettoni (Inaf di Padova) e colleghi su The Astrophysical Journal Letters.
I risultati si devono soprattutto ad Alessandro Omizzolo (Specola Vaticana e associato Inaf), il quale, durante una ricerca nelle immagini del telescopio spaziale Hubble nell’ambito del progetto Relics, si è imbattuto in un oggetto dalla forma peculiare nell’ammasso di galassie Rxc J2211.7-0350 a 3,2 miliardi di anni luce di distanza dalla Terra, in direzione della Costellazione dell’Acquario. «Quando l’ho visto ho subito pensato che poteva essere una nuova lente gravitazionale e ho contattato Daniela Bettoni che collabora alla stessa ricerca», ricorda il ricercatore.
Le lenti gravitazionali rappresentano uno degli strumenti più potenti per studiare la distribuzione di materia oscura nell’universo e per derivare alcuni parametri cosmologici, come la costante di Hubble, in modo indipendente da altri metodi classici. La lente gravitazionale è un effetto in cui la luce di una galassia distante è deviata dall’influenza gravitazionale di una galassia più vicina a chi osserva, che agisce come una lente e fa apparire la galassia alle sue spalle più grande e più luminosa. Il fenomeno venne previsto da Einstein nella sua Teoria generale della relatività. Si tratta di un modo raro ma potente di osservare oggetti molto lontani, quindi impossibili da vedere con la strumentazione classica.
La luce viene deviata formando delle immagini doppie (o multiple) della sorgente lontana. Una configurazione molto particolare si ottiene quando la sorgente lontana e la lente sono strettamente allineate. In questo caso si può formare un anello (Einstein ring) oppure quattro immagini della stessa sorgente a forma di croce. «Questa ultima configurazione, detta croce di Einstein, è stata osservata in un numero limitato di quasar lontani ed è di particolare interesse perché rappresenta un fantastico laboratorio per lo studio dell’universo», dice la prima autrice dello studio.
Gli esperti hanno controllato i database pubblici: la curiosa configurazione a croce era già stata notata in passato, ma nessuno aveva ancora ottenuto uno spettro dell’oggetto, e quindi provato che si trattasse davvero di una lente gravitazionale. «Lo spettro mostra la riga di emissione di tre degli oggetti lontani», spiega Bettoni, «e con nostra grande sorpresa ci siamo trovati ad aver osservato non un quasar, bensì una lontanissima galassia con grande attività di formazione stellare, definita Lyman-break galaxy».
Il team ha effettuato ulteriori osservazioni lo scorso 2 dicembre, con il Gran Telescopio Canarias (Gtc) di 10 metri situato sull’isola di La Palma, alle Canarie. «Devo dire che sono state osservazioni al limite anche per il telescopio Gtc, infatti l’oggetto nell’immagine di puntamento non si vedeva e mi sono quindi affidato delle misure fatte dai colleghi di Padova», dice Riccardo Scarpa, Instituto de Astrofísica de Canarias.
Il risultato è stato decisamente inaspettato. «Gli spettri ottici non lasciavano dubbi si trattava di una vera lente gravitazionale di un oggetto a redshift z = 3.03 causato da una galassia (la lente) a z = 0.556», spiega Renato Falomo, sempre dell’Inaf di Padova.
Il redshift è tipicamente utilizzato per misurare la distanza delle galassie, ma è difficile da stimare con precisione quando si stanno indagando le regioni più remote dell’universo. Letteralmente vuol dire spostamento verso il rosso della luce proveniente dalle galassie, ed è dovuto all’effetto Doppler, lo stesso fenomeno che ci fa percepire la sirena dell’ambulanza aumentare e diminuire di frequenza quando si avvicina e si allontana da noi. Allo stesso modo, quando un oggetto celeste si allontana dalla Terra, la sua luce viene allungata e quindi ne osserviamo uno spostamento verso lunghezze d’onda più rosse. Redshift z = 3 vuol dire che la luce ha impiegato 11,7 miliardi di anni per arrivare fino a noi, e che l’oggetto è a una distanza di circa 18,5 miliardi di anni luce dalla Terra. Dunque la luce di questo oggetto è stata emessa quando l’universo aveva solo 2 miliardi di anni (oggi l’eta dell’universo è stimata in circa 13,7 miliardi di anni).
Dal modello creato dagli esperti si vede che «non c’è solo l’effetto della galassia che crea le 4 immagini amplificando l’intensità della galassia lontana, bensì anche quello dell’ammasso di galassie, che è più vicino e che “stira” la croce in questa insolita configurazione con un braccio più allungato a forma di croce latina», ha concluso Bettoni.
Per saperne di più
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “A new Einstein Cross gravitational lens of a Lyman-break galaxy”, di D. Bettoni, R. Falomo, R. Scarpa, M. Negrello, A. Omizzolo, R. L. M. Corradi, D. Reverte e B. Vulcani